Questo lo so!, di Alessandro Greco
Qual è la prima cosa che ti viene in mente quando senti la parola cultura?
Molta gente risponderebbe a questa domanda evocando immagini quali interminabili conferenze, libri di mille pagine, complesse figure retoriche che necessitano di anni di studio solo per essere nominate. In una parola: noia. Per la maggior parte di noi la cultura è solo questo, pura noia, niente altro che un inutile apparato di nozioni buone solo per darsi un tono, assumendo quella aria snob che i dotti spesso hanno, volontariamente o meno.
Ma la cultura può forse essere ridotta solo a questo? No, la cultura non può e non deve essere solo questo, e chi lo pensa non le rende giustizia. La cultura non è necessariamente conoscere a memoria i dialoghi di Platone, non per forza richiede la conoscenza del latino. Può essere cultura anche solo sentire una frase in un documentario in televisione e provare la soddisfazione tutta particolare di dire "Questo lo so!".
E questo è un impulso che abbiamo tutti, compreso quel ragazzo di strada che sembra saper usare solo il dialetto e ogni tre parole bestemmia. Perché un altro grande danno che nei secoli si è fatto alla cultura è stato quello di ritenerla un qualcosa da eletti, quasi un Sacro Graal che può essere visto solo dagli iniziati, che si adoperano in tutti i modi per nasconderlo al mondo. Questa visione è ancora molto affermata, e sono proprio gli uomini di cultura che spesso non accettano l’idea che il bello della cultura sia proprio il condividerla con gli altri, senza esclusioni, ma soprattutto che possa essere trasmessa anche con parole semplici.
È quello che, da molti anni, tenta di fare Piero Angela, probabilmente il più grande divulgatore vivente, assieme al figlio Alberto e a tutti quelli che con loro curano Superquark, Ulisse e Passaggio a Nord Ovest. Queste trasmissioni sono l’esempio di quanto anche gli argomenti più tecnici, quasi da addetti ai lavori, possano divenire facilmente comprensibili senza perdere assolutamente nulla del loro contenuto. Ma soprattutto, programmi come quelli citati dimostrano che la cultura può interessare tutti (probabilmente sono proprio gli accademici che, invece, snobbano questo genere di programmi), rendendo improvvisamente più interessante un argomento che a scuola era sembrato così noioso e inutile.
Cosa serve per rendere così avvincente la cultura? Molto poco, perché per appassionare basta essere in prima persona appassionati. Il resto, per lo più, viene da sé.
[studente liceale, Taranto]