Lavoro giusto e dignitoso, di Rocco D’Ambrosio
Nella tradizione cristiana il capitale è per il lavoro, il lavoro è per la persona umana. Viene prima la persona, poi il lavoro e poi il capitale. Questa gerarchia costituisce il fondamento dell’etica del lavoro di ispirazione cristiana: rispondere sempre e comunque al metro della dignità dell’uomo che lo compie.
La mancanza di formazione e l’affermarsi indiscriminato della logica capitalistica portano a concepire la finalità del lavoro solo in termini di utilità economica e/o di potere, con scarsissimi e insufficienti riferimenti al lavoro come modo di essere e di realizzarsi della persona umana.
La città da essere luogo in cui tutti i lavoratori si incontrano, progettano e realizzano il bene comune, si trasforma sempre più in un ambiente di biechi mercanti che vendono e comprano la forza-lavoro al miglior impenditore.
Le diverse forze sociali e politiche hanno la tremenda responsabilità di aver spesso snaturato il valore lavoro, riducendolo a mera occupazione finalizzata alla crescita economica.
La storia biblica insegna che la dignità del lavoratore va tutelata garantendo la giustizia. Tra le situazioni di ingiustizia più citate nella storia sacra ci sono quelle relative al lavoro.
Infatti il lavoro è affrontato in tutti i suoi aspetti: vocazione al lavoro (cf. Genesi), senso, finalità, collaborazione con Dio, pigrizia, impegno, riposo, ambiguità, ecc..
Emergono in maniera forte le pagine relative al rapporto tra lavoro e giustizia, che sembrano concentrarsi intorno a due grandi questioni: il trattamento del lavoratore e il salario. Pur essendo cambiate le condizioni sociali, economiche, politiche e religiose, un semplice sguardo alla realtà odierna riconferma come le indicazioni bibliche non hanno perso la loro attualità.
La maggior parte delle ingiustizie, ieri come oggi, nel mondo del lavoro, sono relative alla persona, alla facile perdita della sua dignità e all’insufficiente trattamento economico: si pensi a problemi quali lo sfruttamento, i luoghi di lavoro poco sicuri e/o dignitosi, il lavoro nero, la disoccupazione, il mobbing, lo sfruttamento economico, il controllo della criminalità organizzata su alcuni processi lavorativi, la tratta degli extracomunitari, specie donne e bambini, i salari da fame, l’illegalità e l’assenza di tutela assicurativa, previdenziale, sindacale e politica dei lavoratori, la corruzione di alcuni settori del sindacato e via discorrendo.
Dedichiamo questo numero a padre Joseph Joblin che con la sua vita, dedita ai temi del lavoro, ci ha testimoniato quel volare alto di cui scrive papa Francesco: “Desideriamo però ancora di più, il nostro sogno vola più alto. Non parliamo solamente di assicurare a tutti il cibo, o un decoroso sostentamento, ma che possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti.
Questo implica educazione, accesso all’assistenza sanitaria, e specialmente lavoro, perché nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita” (EG, 192).
Padre Joseph Joblin (1920), gesuita francese funzionario presso il Bureau International du Travail, docente universitario, testimone del bene comune e della promozione di un lavoro giusto e dignitoso.