La persona nella Costituzione, di Angela Rinaldi
Nel contesto attuale in cui si discute quotidianamente - o quasi - sulla riforma costituzionale su cui il popolo italiano sarà chiamato a esprimersi è sicuramente utile riflettere su alcuni spunti etici che la nostra Costituzione ci offre.
I principi fondamentali - soprattutto nei primi tre articoli - fanno emergere immediatamente tre elementi centrali dell’intera struttura costituzionale: la democrazia, il lavoro e l’uguaglianza. Essi trovano la loro sintesi nel principio personalista sul quale i padri costituenti hanno edificato quel non facile compromesso, tra fazioni politiche diverse se non opposte, grazie al quale la Costituzione ha potuto essere approvata e adottata.
“L’Italia è una Repubblica democratica […]” (art.1). In quanto tale la democrazia è la forma di potere che sostiene al meglio la centralità della persona umana e del cittadino. In uno Stato democratico - secondo Giorgio La Pira - tutti i cittadini non solo partecipano alla vita politica dello Stato, ma sono membri di una comunità plurale, formata da tante realtà di pari dignità e ugualmente rappresentate. La struttura pluralista risulta da una pluralità coordinata di organismi con struttura, fini, autonomia e diritto propri (1945:214). Uno Stato democratico implica la sovranità dei cittadini secondo tre criteri: l’irrinunciabilità alla sovranità, la proprietà della sovranità secondo quanto afferma la Costituzione e il possesso della sovranità per diritto naturale.
La Repubblica è fondata sul lavoro. Esso, afferma ancora La Pira, è un principio cristiano che in senso ampio costituisce lo status civitatis (1945:232), che definisce la comunità politica. Infatti, grazie alla possibilità di svolgere un lavoro che ama e per il quale è propriamente formata, la persona può procedere verso lo sviluppo e la piena realizzazione di sé: su questo si costruiscono le basi per una democrazia effettivamente attenta alla persona.
Ai fini della stesura della Costituzione, per tutte queste ragioni si è preferito decretare il fondamento della Repubblica sul lavoro, nonostante fosse stata proposta una versione diversa del primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica dei lavoratori”. In questo caso sarebbe emersa una concezione classista della società italiana che esulava dall’atmosfera di compromesso tra le parti che ha reso unica la nostra Carta Costituzionale.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge” (art.3). Questo articolo espone il principio dell’uguaglianza di tipo formale e sostanziale. Formalmente tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, sostanzialmente viene rifiutata ogni distinzione sulla base dei tratti che contraddistinguono la persona umana in quanto tale - il sesso, la razza, la lingua - e per le sue scelte - la religione, le opinioni politiche, le condizioni personali e sociali. Sulla base di ciò sorgono, negli articoli successivi, i principi relativi alle pari opportunità in ambito politico, l’uguaglianza tra coniugi, la parità dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, l’uguaglianza degli elettori e quindi del voto, il diritto indiscriminato di tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Ognuno di questi principi fa capo e trova il suo fondamento nel principio personalista. Tutta la Costituzione fa riferimento alla persona umana.
A questo riguardo è possibile fare una sintesi: i padri costituenti si trovano d’accordo sul fatto che la Repubblica riconosce di avere i compiti di educazione e tutela della persona in quanto tale e di ciò che la riguarda, soprattutto con riferimento alla vita pubblica che essa va a edificare.
La persona è tale perché lavorando si occupa del proprio sostentamento e svolge un servizio alla comunità, dunque al pieno sviluppo di sé e della società in cui vive. La persona è cittadina: essa è legata agli altri in funzione dell’appartenenza a un dato territorio e a una data comunità statale e, quindi, è rappresentata politicamente. Grazie a questa rappresentanza la persona-cittadino ha la possibilità di partecipare attivamente, mediante il voto e altre forme di partecipazione politica e sociale, alla vita del proprio Paese in funzione del pieno sviluppo della comunità politica e del bene comune.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono uguali davanti alla legge; hanno il diritto di lavorare, di riunirsi pacificamente, di associarsi, di professare la propria religione; godono dei diritti civili, sociali e politici; devono rispettare dei doveri che riguardano la vita nella società: lo Stato, la solidarietà, la pace sociale, la tutela dell’ordine. Dunque, abbandonano lo stato di natura per uno status di cittadini che spinge a tutelare l’ambiente sociale, la vita, il benessere, lo sviluppo proprio e degli altri.
Per tali fini la persona deve poter essere educata, formata e tutelata in quanto cittadina e sovrana.
Dunque, secondo i padri costituenti, e quindi secondo la Costituzione, l’ente superiore è la persona: su di essa si fondano le basi dello Stato, che regola e tutela la vita delle persone, senza le quali esso stesso non avrebbe ragione di esistere. Secondo La Pira vi sono due principi ben integrati: “la società e lo Stato per la persona e non la persona per la società e lo Stato” e “la persona è subordinata al vero bene comune sociale e politico che è sempre, in ultima analisi, il bene integrale della persona” (La Pira 1945:213).
Conoscere di più e meglio la nostra Costituzione potrebbe essere di aiuto per tornare a riflettere sulla centralità della persona e riscoprire che siamo direttamente responsabili - e quindi chiamati a impegnarci - del pieno sviluppo del nostro Paese.
[dottoressa in Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, studentessa PUG, Civita, Roma]