La Chiesa di papa Francesco, di Luigi Mariano
Il libro “Ce la farà Francesco? La sfida della riforma ecclesiale” che Rocco D' Ambrosio ha pubblicato per le edizioni La Meridiana è un testo provocatorio già dal titolo. Accettando la sua provocazione sulla fattibilità della sfida bergogliana, proverò a fare alcune riflessioni.
La chiesa è divina ed umana. È di Dio ma affidata a persone.
Francesco vuole rinvigorire la dimensione spirituale del Popolo di Dio,andando ad attingere alle fonti del Vangelo e del Vaticano II. Il primato della scelta religiosa è l'essenza del suo pontificato. Il filosofo D'Ambrosio evidenzia la “prospettiva dal basso” scelta come metodo dal papa sulle orme di Bonhoeffer. La chiesa delle beatitudini, del vangelo, della carità, delle periferie, dei poveri...è preferita alla chiesa dei privilegi, del diritto canonico, del potere, della centralità dogmatica e della ricchezza.
E per questo che papa Francesco deve affrontare una molteplicità di elementi negativi di un organismo troppo mondano, che il sociologo D'Ambrosio analizza usando il metodo da lui già affrontato in un precedente lavoro “Come pensano e agiscono le istituzioni”, quando devono perseguire il principio di sussistenza. In questo contesto gli argomenti delle battaglie dell'attuale pontefice possono essere suddivise in tre categorie: per tre volte no alle tre I.
No all' Istituzione: il suo modello ecclesiale è di com-unione, condivisione, sinodalità. Lo stile è francescano; il ruolo è di servizio maieutico ( “Chi sono io per giudicare?” è un paradigma bergogliano). All'esterno la chiesa è un “ospedale da campo” per l'umanità ferita.
No all' Ideologia: il vangelo è amore, carità, dialogo; come è ben descritto nel manifesto pastorale del suo pontificato “Evangelii gaudium”. Rifiuto dello scontro di civiltà, delle battaglie politiche fondate sui “valori non negoziabili”.
No all' Idolatria: la condanna decisa ai due mali della chiesa, denaro e potere, sono il fondamento dell'impegno di Francesco a purificare una “chiesa sporca” (come l' aveva descritta Benedetto XVI prima di passargli il testimone): beni materiali, risorse finanziarie spesso illecite, benefici e privilegi statali. Un terzo elemento viene aggiunto: la corruzione, spesso citata anche nei riguardi della politica e definita causa di ingiustizie prodotte da “strutture di peccato” (cfr. Giovanni Paolo II), da riconvertire in strutture di sviluppo umano integrale. Corruzione interna che riguarda la Curia Romana (forte il monito durante gli auguri natalizi 2015).
Gli avversari di Francesco hanno finora usato due strategie: la personalizzazione del conflitto (il papa non è adeguato, sta screditando l'istituzione ecclesiale) e l'etichettatura (ad esempio il papa è comunista perchè il modello economico a cui pensa è all'opposto del neoliberalismo). Tutto ciò per evitare la discussione sugli argomenti proposti capaci di provocare il cambiamento e il miglioramento della Chiesa. Per usare un suo modello linguistico “il vangelo è superiore al dogma”, “ l'uomo è superiore al sabato”.
In questa dialettica troviamo da un lato con Francesco il Segretario di Stato Card. Paroline e il C8 (consiglieri del papa per la riforma del governo della chiesa, presieduto dal Card. Maradiaga). Dall'altro lato il vecchio modello istituzionale del Vaticano (APSA, IOR) e di una parte della CEI ancora ruiniana.
L'autore prova a fare un bilancio, con due chiavi di lettura, di questi primi tre anni di pontificato. La prima è quella teologica dove si evidenzia la gioia nel vedere riprendere con determinazione la strada ben delineata da Giovanni XXIII: la primavera ecclesiale del Concilio (come amava ricordare don Loris Capovilla): una chiesa pastorale e non dogmatica.
Il tema della Misericordia è centrale ed è la scommessa del Giubileo. Bergoglio riparte da Roncalli.
Notevole è la rivoluzione della figura del pontefice, in un'ottica di servizio. Ma questo è la cosa più facile, gli è naturale e deve rispondere solo alla sua volontà. Lascerà il segno!
L'altra lettura è sociologica e qui D'Ambrosio è realista e meno ottimista. Le forti resistenze della Curia Romana, della banca IOR, in Italia di una CEI bicefala, dei poteri forti collusi con la chiesa mondana. Basti pensare alla guerra all'interno dello IOR dove il vecchio modello di “lavatrice di danaro sporco” vorrebbe proseguire la sua attività, con ricavi ed utili per i gestori; mentre il papa
ne vuole fare una banca di servizi essenziali alle funzioni primarie, con trasparenza nei bilanci.
Ma una lettura sociologica di questo processo riformatore deve anche includere le molteplici risposte positive: chiese e conferenze episcopali di mondi lontani da Roma, tanti pastori e laici di buona volontà che ritrovano entusiasmo e forza per annunciare la Buona Notizia. Ma soprattutto è dall'esterno della chiesa cattolica che arrivano significativi apprezzamenti: ammirazione da parte di non credenti(i dialoghi con E. Scalfari, la frase finale di Marco Pannella “Francesco ti voglio bene”).
Il riconoscimento globale di autorità morale, unica e autorevole, in questo periodo storico critico.
Sui temi sociali (ad es. l'immigrazione e politiche inclusive :“Ponti e non muri”); ecologici (la cura della casa comune contro la distruzione del pianeta); ecumenici (il dialogo con i fratelli cristiani, gli ebrei, i musulmani proprio nel periodo più drammatico per l'attacco dell'Isis all' Occidente); nelle relazioni internazionali (in cui la Santa Sede è stata promotrice di accordi di pace tra Stati e popoli, un caso per tutti il disgelo tra Stati Uniti e Cuba).
L'elenco delle cose buone è lungo e fa ben sperare nel superamento delle negatività che tutt'oggi continuano a sussistere soprattutto come criticità all'interno del Vaticano, seppur il pontefice abbia fatto compiere notevoli passi avanti all'organizzazione dell'istituzione ecclesiale.
Si può citare il metodo del sinodo dei vescovi a due tempi(per un miglior discernimento) nel discutere tematiche importanti sulla famiglia. Con il papa che era in mezzo a loro, che solo dopo ha raccolto le proposte, le ha rielaborate e incluse nella esortazione apostolica.
Don Rocco scrive che il papa gesuita usa gli strumenti di lavoro ignaziani: fede, pazienza, saggezza, tenacia e prudenza in ogni suo passo. E a pag. 54 cita una frase del pontefice riferita al suo rapporto con il Signore: “Eso a mì me da fuerza, solo Dios sabe”.
Mi piace concludere associando lo stile di Francesco al titolo di un bel libro di Arturo Paoli che nella sua esperienza latinoamericana di piccolo fratello incontrò Bergoglio nella sua terra argentina:
“Camminando s'apre cammino”.
[docente della PUG, Roma]
Paolo