Il referendum: senza o con la fede? di Leonardo Resta
Vorrei esprimere qualche riflessione non tanto sull'argomento quanto sulle vicende che incrociano le vite dei fedeli, in prossimità del referendum costituzionale. Innanzitutto non ci si può meravigliare che esistano "cristiani" per il sì e "cristiani" per il no. E' stato così fin dall'inizio, quando si scontravano cristianesimi plurali, come li chiama Ehrmann, sin dentro le comunità. Essendo la nostra religione basata su una fede evenemenziale e sull'anomia non ci si può meravigliare di posizioni diverse. Perciò ci sono " cristiani" che hanno deciso di abbassare il livello critico e di affidarsi all'"uomo solo al comando". Nel secolo scorso gli "ufficiali" (ovvero quelli che nelle alte sfere si preoccupano sempre della posizione ufficiale) hanno sempre preferito rivolgersi ad un solo interlocutore certo, lo chiamavano "uomo della Provvidenza", ne hanno individuato più di uno e questi grandi benemeriti non sono finiti bene (il che vuol dire che non tutte le benedizioni hanno effetto). Del resto anche quel simpaticone di Aristotele, nel bel mezzo dell'abile ragionamento della sua Politica, guardando al suo pupillo Alessandro, se ne esce con l'espressione: "ma se sorge un uomo che sembra simile a un Dio...", dichiarazione vistosamente al di fuori della logica del trattato. Sarebbe interessante rileggere quanto scrive Machiavelli nei suoi Discorsi: qualora per la corruzione delle leggi, una parte politica o "un giovine nobile" tendesse a prevaricare nella repubblica non è consigliabile osteggiarli perché questo ne può aumentare il potere, ma occorre temporeggiare e cercare di togliere loro i mezzi per la conquista. Ora se la corruzione della costituzione è pericolosa, il referendum è una buona occasione per togliere loro i mezzi. Molti pensano che la modernità necessiti di decisioni immediate e ardite, perché la globalizzazione bla bla bla. Se qualcuno si ricorda la ingenuità dei "cristiani" di qualche anno fa che speravano di "globalizzare i diritti/solidarietà" deve ben capire che si è globalizzata solo la finanza. Questo è quanto denuncia Francesco nella Laudato sii. Molti sono corsi a esaltarlo, ma moltissimi oggi hanno derubricato quell'enciclica a un bel libro di poesie magari da tirar fuori oggi sulla spiaggia. I "cristiani" che da 20 anni hanno sostenuto quello che dice Francesco sono stati isolati e neutralizzati nelle comunità ecclesiali.
Sempre per via della fede evenemenziale, altri " cristiani" scelgono la via più difficile del confronto democratico, ingegnandosi a proporre un impegno che rischia di slittare tra le persone rozze che intorno a noi pensano che non valga la pena. Sempre il Machiavelli ci ricorda che "la moltitudine è più saggia del principe" e che tutto sommato vale la pena imbarcarsi in una sfida in cui si percorre una strada di uomini liberi, anche di fronte alla peggiore informazione distorta.
Sempre come soggetti contrassegnati dall'anomia, non solo ci si divide su campi diversi, ma poi ci si accapiglia sul tema: chi parla a nome di chi? Come fanno i " cristiani" a parlare in nome dei " cristiani"? Se ci riuniamo come " cristiani" per il no, vogliamo dire che parliamo in nome della Chiesa o che vogliamo influenzare gli altri " cristiani"? Come ci si permette di contrastare l'altro che é per il sì?
Sublime! Degno del massimo conformismo corinziano! Ha fatto molto bene qualcuno a spiegare che il riunirsi per dibattere per discutere sul referendum deve servire a favorire un dibattito anche tra cattolici. Ma anche questa dichiarazione rischia di essere letta come un understatment, come la riunione di soggetti che non sono capaci di portare avanti un confronto da posizioni alte, non subalterni agli "ufficiali", dimenticando che nella chiesa i non-ufficiali sono i veri esperti delle cose del secolo e che tutto sommato ci sono dei Christifideles che hanno letto la Laudato sii come un trattato di pastorale non come un libro di poesie.
[docente universitario, Bari]