Il parlamento che ci meritiamo, di Rocco D'Ambrosio
Sembra un’opera quasi impossibile capire oggi la politica italiana, e partendo dal parlamento! Siamo andati a votare con un’ignobile legge elettorale: non abbiamo scelto parlamentari ma solo presunti leader che hanno assegnato seggi, spesso con criteri molto discutibili. Non ci resta che sperare (attivamente) in una nuova legge elettorale.
Intanto abbiamo un parlamento (di cui cerchiamo in questo numero
di fare una fotografia): legittimo, con diverse novità e molto vecchiume, sia di volti che di logiche.
Nella cultura popolare italiana esiste un detto molto diffuso: ogni popolo ha il governo che si merita. Lo stesso dicasi per il parlamento; la nefandezza della legge elettorale non diminuisce il valore dell’affermazione. Liberando, comunque, l’affermazione da qualsiasi connotato fatalistico e moralistico, resta in essa un nocciolo di verità.
Gli elettori proiettano molto sul partito e/o i leader che votano. Molto non vuol dire tutto, comunque proiettano.
Esiste, quindi, una continuità tra la qualità etica e tecnica degli elettori e quella degli eletti, lo stesso dicasi degli aspetti negativi. Ecco giustificato il detto: ogni popolo ha il governo che si merita.
La linea di continuità, comunque, non va vista come un sicuro automatismo: le eccezioni ci sono e ci saranno sempre. Il parlamento italiano non è l’Italia, ma ben la rappresenta, l’esprime. Si tratterebbe, allora, di ripercorrere tutti i motivi antropologici ed etici, i risvolti formativi per capire come sono gli italiani oggi e, di conseguenza, come è questo parlamento.
In particolare monitorare il grado di formazione e maturità
personale ed etica quanto la loro consapevolezza civica e politica.
Declinando meglio il famoso detto, si può dire che ogni popolo più
che avere il governo che si merita, ha il governo che favorisce, determina, approva, desidera, ritiene più simile a sé oppure quello che
fa scegliere ad altri.
Scrive Quaglino riguardo alla vita delle organizzazioni quanto si può applicare anche al rapporto tra cittadini e classe politica: “I motivi si inseguono e si riproducono configurando ambiguità e ambivalenze, collusioni e resistenze, proiezioni e identificazioni, negazioni e razionalizzazioni.
I motivi costituiscono altrettante scene di vita organizzativa, alimentano copioni, sostengono personaggi, definiscono protagonisti e comparse”.
Per dirla in soldoni: non solo ci sono leader (per lo più a destra) che si servono di questo Paese per i propri interessi, loschi e non. Ci sono anche tantissimi italiani che li adottano come modelli umani e politici. Non solo: ci sono leader (per lo più a sinistra) che fanno finta di essere per la buona politica, ma intanto spartiscono, in maniera subdola e consociativa, con i precedenti.
E, anche per loro, ci sono tantissimi italiani che li adottano come modelli umani e politici.
Poi ci sono i M5S ossia la nuova versione del puritanesimo politico. Ci vorrebbe tempo per dimostrare come, alla fine, consapevoli o no, i M5S fanno il gioco della cattiva politica.
Tutto questo non per dire che i parlamentari eletti sono tutti uguali. Anzi. Ci sono persone mature, oneste e competenti in tutti e tre i settori individuati.
Ci auguriamo che si affermino sempre più, obbedendo solamente alla propria coscienza e al mandato popolare.
Come ha ben testimoniano Oscar Luigi Scalfaro.
Il discorso precedente, in sintesi, vuol solo ridire con forza che la
crisi in Italia è prima di tutto culturale e morale, poi, come conseguenza,
politica. Non è solo il parlamento limitato o malato o corrotto; lo sono prima di tutto molti italiani.
Di là dobbiamo iniziare.
È quanto ricordava Charles Peguy: “la rivoluzione sociale, o sarà
morale, o non sarà”.