Francesco a Bari non è un evento, di Rocco D'Ambrosio
Sono passati più di cinquant’anni da quando Paolo VI annunciava, il 4 dicembre 1964, durante il Vaticano II, di voler compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme. Il viaggio, sin nella sua progettazione, aveva un intento ecumenico: non solo pregare nei luoghi terreni di Gesù, ma farlo con tutti quelli che credono nel suo nome, anche se lotte e incomprensioni li hanno divisi per secoli. Appena diffusa la notizia, Il Patriarca Athenagoras, nell'omelia della festa di S. Nicola (!), manifestava il suo entusiasmo per la visita tanto da definirla "ispirata da Dio" e un comunicato ufficiale confessava un suo desiderio, quasi un sogno per l’epoca: "Il Patriarca ecumenico ha notato che sarebbe veramente un'opera della Provvidenza se, durante questo pio pellegrinaggio, tutti i capi delle Chiese di oriente e di occidente potessero incontrarsi nella santa città di Sion, per chiedere, in una comune preghiera fervente ... la via di un ristabilimento pieno dell'unità cristiana". Quello che non si è realizzato a Gerusalemme si realizza a Bari? In parte si. Ma andiamo in ordine.
In questi cinquant’anni tutte le Chiese – cattoliche, ortodosse e della Riforma – hanno fatto passi da giganti nel riconoscersi, nell’abolire scomuniche reciproche, nel dialogare e nel ricercare punti di unità, più che di divisione. Era stato proprio Giovanni XXIII, il 26 giugno 1961, ad aver affermato: “Noi preferiamo sempre sottolineare ciò che unisce gli uomini e fare con loro tutta la strada che può essere fatta senza pregiudizio alle esigenze della giustizia e ai diritti della verità”.
Questa ricerca dell’unità ha avuto e ha due grandi binari di percorrenza: il dialogo della carità e quello della verità. “Il movimento ecumenico, per grazia di Dio ha dato benefici frutti – scrivevano i cristiani nel documento di Graz del 1997 - ha creato una situazione nuova tra i discepoli di Cristo. Vi sono però problemi ancora aperti e talvolta insorgono sconvolgimenti inattesi, nascono timori nuovi, serpeggiano inconsce paure. L'Assemblea intende rinsaldare il dialogo della carità, il solo veramente capace di promuovere anche il dialogo teologico, che ha davanti a sé un percorso ancora molto impegnativo”. Non dimentichiamo che Bari, per volontà dell’allora vescovo Magrassi, aveva contribuito in maniera consistente a queste forme di dialogo: padre Magrassi era membro della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa e aveva ospitato qui, due volte, la seduta plenaria (1986 e 1987).
L’evento di sabato prossimo aggiunge, al dialogo di carità e quello di verità, una terza linea fondamentale: un dialogo per un impegno comune in nome di Cristo, cioè lo sviluppo e la pace dei popoli, specie più martoriati. Elemento non nuovo della fede cristiana: la carità si fa – si deve – fare impegno altrimenti è vuota e ipocrita. In questo il patriarca Bartolomeo sembra essere in piena sintonia con papa Francesco. Basti citare la visita a Lesbo (16 aprile 2016), fatta insieme a Bartolomeo: il loro salutare i migranti, il parlare con loro e per loro, sono la risposta delle Chiese a un’Europa stanca di accogliere, attraversata da venti razzisti e xenofobi, ma anche un monito interno, per i cristiani, a non ripiegarsi su stessi ma a rendere le nostre comunità sempre “in uscita”, quasi “ospedali da campo”, come spesso Francesco ricorda.
A Bari venti leader cristiani – il papa, diversi patriarchi e vescovi orientali, pastori protestanti, tutti provenienti dall’Oriente – sabato pregheranno per la pace nella prima parte della mattinata e poi si riuniranno a porte chiuse per discutere. E’ questo l’ecumenismo di Francesco: incontrarsi, pregare e lavorare. Esso sembra essere il suo modo di ritradurre carità e verità. Del resto la verità cristiana non è affidata da Gesù a una proclamazione ideologica della fede. La verità cristiana è un farsi quotidiano: “da questo – afferma Gesù - tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13).
Quello di sabato, quindi, non sarà un evento, almeno nel senso moderno e mediatico degli eventi. E’ forse più cristiano dire che sarà una tappa, per i leader cristiani come per tutti i credenti. Le tappe, che Dio progetta, non sempre ci sono chiare nel loro svolgersi. Esse diventano spesso leggibili solo al termine del cammino. Nicola di Mira è approdato a Bari, dopo diverse traversie, e a Bari è diventato “propulsore” di dialogo e incontro tra Oriente e Occidente.
Da Bari riparte l’impegno dei cristiani che è credibile – afferma Francesco - se “concerne l’ambito della solidarietà e della preoccupazione per i più indigenti… se favorisce la soluzione di problemi che riguardano la pace, la concordia, l’ambiente, la difesa della vita, i diritti umani e civili”.