Sta raggiungendo e doppiando la scuola e si sta pericolosamente avvicinando alla sanità. La spesa militare italiana schizza a vette mai raggiunte nella storia della Repubblica. Eppure non basta e il Governo Meloni chiede sempre di più al Parlamento, che di solito ratifica. E poi c’è l’allarme del Ministro della Difesa Guido Crosetto che qualche giorno fa ha lamentato la vulnerabilità dell’Italia rispetto ad attacchi di qualsiasi tipo e da qualsiasi parte invocando altro denaro. E poi ci sono le richieste della Nato con quel 5 per cento di spesa militare che manderà all’aria ogni investimento sociale e, quasi naturalmente, farà aumentare e non diminuire la pressione fiscale. L’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Milex sulla spesa militare stima che da qui al 2035, in seguito all’accordo dell’Aia che prevede il nuovo target Nato, l’Italia dovrà portare il budget militare da 35 a circa 100 miliardi di euro, per la precisione 102,5 miliardi contro i 99,6 previsti tra dieci anni per la scuola. E’ la prima volta che viene alterata in modo così clamoroso la spesa pubblica italiana ed è un numero che dovrebbe far tremare la politica e la società civile. Resta solo Papa Leone XIV che ha promosso ad agosto una preghiera e un digiuno per la pace e che Pax Christi ha rilanciato sottolineando anche l’urgenza di un digiuno dal guadagno economico del commercio più vergognoso e dai legami con chi ha interessi negli affari sporchi di sangue. Il numero fa tremare, perché si tratta di sei o sette miliardi all’anno, se si deve centrare l’obiettivo Nato, firmato da Giorgia Meloni al vertice dell’Aia. E non è un gioco reperire quella cifra annuale e nemmeno si può nasconderla genericamente sotto la voce “sicurezza”, come è stato fatto più volte. Si tratta di spesa diretta per comprare munizioni, blindati e carri armati, missili e droni, insomma sistemi d’arma sempre più sofisticati e con un grado di obsolescenza velocissimo e vorticoso, che comporterà altri spaventosi adeguamenti di spesa. L’ultimo Rapporto dell’Osservatorio Milex sulle spese militari ha messo in fila i conti e denunciato quella che si può definire una ricollocazione strutturale delle risorse nei bilanci dello Stato, mai accaduta finora. La spesa sanitaria e quella per l’istruzione è stata sempre più alta finora di quella militare, non solo per ragioni amministrative, ma per precise scelte politiche di tutti i governi. L’ultimo esecutivo sta spezzando il tetto di cristallo della finanza pubblica e lo scenario delineato dall’analisi di Milex non porta affatto tranquillità. Ci vorranno più tasse, più debito e più tagli alla spesa per alimentare la spesa militare. Anche perché, come ha avvertito recentemente il Ministero dell’economia e della finanza nel Documento di previsione 2025, il margine di disponibilità per nuove spese militari è “pressoché nullo”. Eppure in Parlamento nessuno ha chiesto un dibattito su quella che appare una vera e propria ridefinizione delle politiche economiche e delle priorità di spesa. Tutto sembra essere solo subordinato alle richieste della Difesa. Dall’inizio della legislatura il Ministero della Difesa ha chiesto e ottenuto dalla Commissioni Difesa di Camera e Senato il via libera, senza quasi discussione, per un pacchetto di 42 miliardi di euro, somme stanziate “in modo vincolate”, fa rilevare l’Osservatorio, e impegni pluriennali per 15 miliardi, al netto delle ultimo accordo Nato dell’Aja. Con questi soldi si acquistano armi più o meno tradizionali e sistemi d’arma tra satelliti, radar, reti informatiche, attacchi cyber. Ci sono fornitori nazionali, da Leonardo a Fincantieri a Iveco, e internazionali cioè americani, tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli (per i sistemi antidroni) e svedesi. Ma stiamo comperando moltissimo anche da aziende israeliane. L’anno scorso le autorizzazioni all’import bellico da Tel Aviv, già nel pieno della guerra a Gaza, sono aumentate di cinque volte rispetto al 2023. Comperiamo missili, droni-bombe, che in parte vengono assemblati su licenza in Sardegna dalla RWM Italia, e un sistema di guerra elettronica da montare su aerei spia. Con Israele, secondo Milex, l’impegno finanziario è compreso tra 600 e 700 milioni di euro.
Da: ecodibergamo.it/ del 2 ottobre 2025


