Bisogni e tentazioni, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato (Lc 4, 1-13).
14 febbraio 2016. Ci sono termini che, per la loro forza e pregnanza, trasmigrano da una cultura a un’altra, spesso mantenendo la loro forza pur in diversi contesti. E’ il caso della parola “tentazione”. Il vocabolario ci ricorda che la tentazione è “l’esperienza del soggetto religioso che subisce l’attrazione di una condotta contrastante con gli ideali della propria religione” (Treccani). In un contesto più profano che religioso, come il nostro, la parola conserva la sua forza e il suo fascino, tanto da far dire a Oscar Wilde, in maniera ironica e provocatoria: “Resisto a tutto, tranne che alle tentazioni”.
Ma veniamo a Gesù. Fu tentato: la tentazione non risparmia nessuno perché è insita nel limite e nella fragilità della natura. Fu tentato su ciò che è essenziale nella nostra vita, su ciò che è il nerbo portante: i bisogni. Essi sono chiari e forti in tutti: bisogno di cibo, di potere, di aiuto. Ovviamente cibo, potere e aiuto sono categorie molto ampie, molto simboliche: dicono molto di più di quello che la parola esprime. Cibo è tutto ciò che è materialmente indispensabile; potere è ogni forma di controllo e comando su realtà e persone con cui ci relazioniamo; aiuto è tutto ciò di indispensabile che riceviamo nelle nostre relazioni. Penso che il primo impegno sia quello di condurre tutte le nostre tentazioni a queste tre categorie, evitando schiocche divagazioni ed esagerazioni in materia. Siamo limitati, tanto; abbiamo bisogno e la tentazione si insinua nell’indurci a rispondere a questi bisogni in maniera opposta a quello in cui crediamo e amiamo. Così fa il diavolo: ci pone il bisogno davanti e ci indica via diverse, deleterie, effimere, inefficaci.
George Bernanos, nel suo “Sotto il sole di Satana”, fa dire al curato di Lumbres: “Il peccato raramente entra in noi di violenza; più spesso di astuzia. Si insinua come l'aria. Non ha una forma propria, né colore né sapore; ma può prenderli tutti. Ci consuma dal di dentro. Per qualche disgraziato che esso divora vivo, e di cui ci spaventano i latrati, quanti ce n'è, già freddi, e che non son più neanche dei cadaveri, ma dei vani sepolcri? Il nostro Signore l'ha pur detto: che parola, questa, Sabiroux! Il nemico ruba tutto, anche la morte, e poi fugge ridendo”.
Rocco D'Ambrosio
Togliendo la parte soprannaturale della guarigione, rimaneva il giudizio che aveva della sue esistenza la Madonna, ma togliendo anche questa parte soprannaturale, rimaneva l'essenza di questa vita apparentemente "buona" e giudicata malvagia, perché? Perché ciò che noi siamo abitualmente facili a fare è quasi sempre malvagio, non ama Dio e il nostro prossimo, ma è uno sprofondamento in satana.
Non posso dire come sono stati interpretati tutti i dieci comandamenti nella sua "buona" vita, ma mi voglio soffermare su una considerazione fatta da questa signora: quando sbaglia un sacerdote, lei dice, tutta la comunità che gli è stata affidata ha colpa, perché non ha pregato abbastanza per lui tanto da aiutarlo nella liberazione, restringendo la cosa a una singola famiglia, quando si sente una madre che si lamenta dei figli, bisognerebbe chiederle: "ma tu cosa hai fatto per i tuoi figli'", quando si lamenta del marito: "ma tu cosa hai fatto per tuo marito?". Le risposte di solito non contengono mai la parola preghiera, non la preghiera ideologica, ma quella fatta dal cuore, quella che viene ascoltata, magari non subito, magari dopo anni, ma fondamentale per incollare al Signore tutte le varie cellule del Santissimo Corpo. Il Corpo di Cristo è la Chiesa, a cui aderiamo tutti, e se fra noi singole cellule e gli altri mettiamo la divisione, la lamentela, la cattiveria, e non la preghiera e l'amore, nel Santo Corpo si formano le ulcere e anche il cancro. Insomma, alla fine quello che vorrei fare capire è che ognuno di noi è responsabile di se stesso e corresponsabile di tutti gli altri, dal più vicino al più lontano e che non bisogna perdere tempo a lamentarsi, ma impegnarsi ad amare. Grazie