Volgeranno lo sguardo, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto». (intero racconto della Passione: Gv 18,1- 19,42).
3 aprile 2015. La passione e morte di Gesù sono un evento cosmico: “a mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio; il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono”. In sintesi: qualcosa di mai visto, a cui cielo e terra partecipano; come coloro che sono presenti. Giovanni ci ricorda il passo che ci parla di coloro che “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”.
La passione che oggi celebriamo del Signore ha caratteristiche diverse, perché è evento che ricordiamo nella fede E quello che per i contemporanei fu più semplice, per noi è esercizio del cuore e della mente. L’evento celebrato si fa domanda: volgiamo lo sguardo a Colui che hanno trafitto? Certamente si, ma non possiamo negare che è uno sguardo su cui dobbiamo operare un serio discernimento. Guardare il Crocifisso è un gesto che può avere diverse motivazioni.
Possiamo guardare il Cristo trafitto perché ci commuove il suo dolore immane e innocente. E’ un guardare, questo, carico di tanta emotività, spesso bella e vera, anche proficua. Ma non basta. Come non basta solo riflettere, meditare su Cristo crocifisso, qualche volta con l’illusione di poterci capire qualcosa in più. Si può capire l’amore di Dio? Si può capire “quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 18-19)? Allora che significa “guardare a colui che hanno trafitto”?
Forse per guardare il Cristo crocifisso non dovremmo prefissarci niente. Un puro guardare, che cerca di abbandonare ogni pensiero, emozione, preoccupazione, progetto e… attende da Lui. E siccome siamo molto facili a distrarci, dovremmo, prima di tutto, abbandonare nelle sue mani pensieri, emozioni, preoccupazioni, dolori, progetti e poi attendere da Lui il dono che Lui prepara per coloro che lo guardano.
Ha scritto Raissa Maritain: “In tutti questi giorni temibili mi fu concesso di capire intimamente, con conoscenza soave e incomunicabile che le sofferenze di Gesù sono per l'anima che crede una testimonianza appassionata resa alla verità, sono un tentativo pieno di misericordia dimostrarci che egli è simile a noi quanto alla capacità di soffrire, affinché nasca dalla somiglianza l'avvicinamento; dall'avvicinamento la fiducia; dalla fiducia l'amicizia e un maggiore abbandono”.
Rocco D’Ambrosio