Vincere le paure, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!» (Mt 14, 22-23).
9 agosto 2020. La crisi sanitaria ci ha immerso in una grande paura, tanto personale quanto collettiva: la paura di ammalarci, legata anche a quella di morire. Nella vita le paure sono tante: quella di crescere, di essere autonomi, di intraprendere relazioni stabili e durature, di non trovare o cambiare lavoro; ci sono le paure delle malattie gravi, dei rischi per strada, del terrorismo, di incappare in ladri, briganti, maniaci sessuali, pedofili, violentatori. E così via. Su di tutte emerge, madre e sovrana, la paura della morte.
“Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò…” A rileggerlo bene, il brano, descrive tanto della nostra paura. Un atto di fede, un profondo abbandono e via: Pietro cammina alle acque. Ma il vento è forte e inizia la paura. Possiamo aver fede, possiamo buttarci e camminare sull’acqua. Ma non possiamo calcolare la forza del vento, né evitarla. Ed è proprio qui - penso - che si impara a gestire le proprie paure. Innanzitutto con l’umiltà di riconoscere che non ne siamo esenti, che a un momento di coraggio può seguire un momento di paura perché non siamo noi a comandare la forza del vento. Solo se siamo umili e accettiamo la forza del vento, avremo il coraggio di gridare: “Signore, salvami!”.
Chi prova spesso paura comprende bene quanto scriveva George Bernanos: “La paura, la vera paura, è un delirio furioso. Di tutte le pazzie di cui siamo capaci, è sicuramente la più crudele. Nulla eguaglia il suo slancio, nulla può sostenere il suo urto..”. Non a caso Hannah Arendt descriveva la paura come uno stato d’animo (come altri fattori) che ci rende “asociali”. A questo proposito la paura di Pietro ci insegna che dobbiamo sempre esternarla, condividerla e, per chi ci crede, confessarla al Signore.
Ho sempre nutrito forti dubbi su coloro che non hanno mai paura - almeno così dicono, spesso vantandosi. Ho sempre sospettato di itinerari di crescita, umana e di fede, tesi a presentare, specie ai piccoli e ai giovani, la vita come una collezione di forza e successi. Non è così. Credo sia sciocco il solo pensarlo. La vita si intreccia con le paure, come il giorno succede alla notte. E così è anche per la fede. Avere una fede solida vuol dire conoscere le paure, gridare al Signore e accogliere il suo fermo rimprovero: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.
C’è una quartina molto bella di una poesia di Wislawa Szymborska (Nulla due volte)
Perché tu, ora malvagia,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.
Rocco D’Ambrosio