Una scena aperta, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese (Mt 2, 1-12).
6.1.2017. Non è mai superfluo ricordare che per i cristiani oggi è la festa dell’Epifania e non della Befana! Questa è una stupida e paganeggiante figura medioevale, in parte una volgarizzazione della vera festa. Epifania, invece, come sappiamo, vuol dire manifestazione (dal greco). Se i cristiani hanno bisogno di volgarizzare una festa così importante, già questo la dice lunga. Ma andiamo oltre le volgarizzazioni e seguiamo anche noi una stella: una autentica, possibilmente, che ci guida a Betlemme e non a quelle stupidaggini, che, oggigiorno, finiscono solo in banchetti e regali, se non peggio.
“Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino… Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. E’ la scena che ricreiamo nei nostri presepi; è la scena dalla foto qui accanto, che ritrae il presepe di piazza San Pietro di quest’anno. E’ una scena aperta per diversi motivi. I Magi si aprono alla novità della ricerca, dello scrutare il cielo, del viaggio e dell’incontro con Gesù, Giuseppe e Maria; questi si aprono all’incontro con i Magi. Ma non solo. Nel presepe vaticano gli artisti maltesi hanno posto, a sinistra, una barca. Una barca maltese vuol dire mare e lavoro, ma anche immigrati ed emergenze varie. C’entra qualcosa? E’ fuori luogo porre una barca e ricordare tempi, luoghi e attori diversi da quelli del presepe?
La domanda, allora, diventa un’altra: viviamo una una scena aperta o chiusa? Abbiamo bisogno di interrogarci sul nostro modo di concepire le relazioni, sul modello che seguiamo: se siamo ispirati da chiusure e razzismi o da aperture e accoglienza, da avarizia o generosità, da antipatie e odii o simpatia e amore. E via discorrendo. Gli attori del presepe sono genuinamente e completamente “aperti” a incontrare e accogliere. Noi, invece?
Ha scritto Emanuel Mounier: “Noi ci troviamo presi in un corpo, in una famiglia, in un ambiente, in una classe, in una patria, in un'epoca che non abbiamo scelto. Che io mi trovi qui piuttosto che là, adesso piuttosto che allora è stato deciso da un misterioso disegno in antecedenza a ogni partecipazione della mia volontà. In me si annodano le cifre intrecciate di un destino incombente e di una vocazione che è una sfida contro tutte le forze del mondo; ma questa vocazione non può aprirsi la via che in questo corpo, in questa famiglia, in questo ambiente, in questa classe, in questa patria, in quest’epoca”. Appunto: aprirsi!
Buona Epifania!
Rocco D’Ambrosio