Servi senza ricompense, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17, 5-10).
6 ottobre 2019. La richiesta degli apostoli - Accresci in noi la fede! - è senza dubbio anche la nostra richiesta, salvo il caso di chi si ritiene un arrivato. E gli arrivati, davanti a Dio, o sono stupidi o sono superbi. I primi suscitano comprensione; i secondi il Signore li disperde "nei pensieri del loro cuore” (Lc 1). Scelgo una strada per la mia riflessione: il riferimento all'umiltà; apparentemente staccato, ma, invece, così fondamentale per... accrescere la nostra fede.
Per Gesù siamo dei servi, Lui è il padrone. Per iniziare è bene evitare qualsiasi ogni retorica sdolcinata e falsa umiltà. Siamo servi, altrimenti detti: schiavi. L'Apostolo Paolo lo ripete spesso a se stesso e agli altri (Rm 1). Noi siamo migliori di Paolo per fuggire questa definizione? Siamo servi. E come tali ci dobbiamo rapportare a Lui, cioè dobbiamo avere fede in Lui.
La letteratura ha molti riferimenti al rapporto servo-padrone. Gesù accoglie in questo brano quello che è il sentire comune: il servo ha degli obblighi verso il padrone e questi non ne ha verso il servo, nemmeno quello della gratitudine. Verso di Lui abbiamo solo doveri e non possiamo avere nessuna pretesa. Il concetto “servi inutili” – ci dicono i biblisti – andrebbe tradotto più con “servi non meritevoli di ricompensa”. E in questo atteggiamento di umiltà, di non pretesa c’è molto di fede, di conferma e di crescita di essa.
Tuttavia questa condizione di essere servi, se siamo fedeli e coerenti ha degli sviluppi molto positivi. Nell’ultima cena Gesù dice ai suoi discepoli: ”Non vi chiamo più servi ma amici” (Gv 15). Coloro che hanno perseverato con lui sino alla fine sono invitati a condividere la sua amicizia. Così la fede non è solo rafforzata ma raggiunge la sua pienezza: l’intimità dell’amicizia. Un bel cammino che inizia con… il sentirci “servi non meritevoli di ricompensa”.
Rocco D’Ambrosio