Senso della misura, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
16 dicembre 2012. Che cosa devo fare? è una delle domande pilastro di ogni vita umana e di ogni società. Donne e uomini di ogni cultura e sensibilità, filosofi, teologi, pensatori… ognuno di noi, molto spesso nella sua vita, si chiede che deve fare. Lo chiede a se stesso, o a chi ama sinceramente, o a chi stima profondamente. Lo chiede. Certamente può anche non chiederlo e ripiegarsi in una sciocca sufficienza e pericolosa boria.
Quindi il primo punto è chiedersi sempre Che cosa devo fare? E poi la fatica di rispondere, mai senza l’aiuto degli altri. Le risposte di Gesù alle tre domande (delle folle, dei pubblicani e dei soldati) Che cosa dobbiamo fare? sembrano contenere un richiamo implicito al senso della misura. Quello della misura non è solo un tema della Grecia classica, ma anche biblico.
Alle folle Gesù indica una misura di dono a chi non ha o ha meno. La vera misura non è nelle scelte egoiste e individualiste ma è rendersi conto di essere e di vivere per mezzo degli altri e con gli altri.
Ai pubblicani presenta una misura che è di fatto un non esigere nulla di più di quanto vi è stato fissato. Misura che non è solo il rispetto di regole (fissate) ma è anche il capire che i capricci e gli arbitrii non portano da nessuna parte, se non alla distruzione di ogni legame sociale.
Ai soldati offre una misura più composta: non maltrattare, non estorcere e accontentarsi delle paghe. Le prime due misure si comprendono molto facilmente. Anche la terza, ma essa è tanto compresa quanto ignorata. Non è assolutamente facile accontentarsi delle proprie paghe. Tra desideri personali di possesso e un sistema culturale di idolatria del guadagno e del denaro, non è facile accontentarsi.
Il fare proprio queste misure è la sola via per non diventare paglia ed essere spazzati e bruciati nel fuco inestinguibile. Certo il nostro Natale, spesso fatto di consumati sentimentalismi, stride con richiami alla misura e rischi di perderla e di perdersi in tanti fuochi distruttivi. Ma il Natale autentico è sempre altrove…
E se fosse nella ricerca della misura il senso di questo Natale?
E se fosse la misura la risposta alla crisi, economica e non, che ci attanaglia?
E se la misura fosse via per felicità e serenità piene?
Rocco D’Ambrosio