Santità, non pubblicità, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 1-12).
1.1.2014. Ho ricevuto molti messaggi che mi invitavano a contrastare l’avanzata pubblicitaria di Halloween ponendo un immagine di santo. Halloween è una festa celtica pagana, dai tanti risvolti, che si è tentato di cristianizzare nel momento in cui i missionari hanno incontrato le popolazioni celtiche, polarizzando il tutto sulla vigilia della festa dei santi. Attualmente penso che l’elemento pagano sia in forte concorrenza con quello commerciale, per cui piccoli e grandi festeggiamo senza sapere molto della festa, ma sfruttando l’occasione di divertirsi.
Credo che abbiamo il dovere di ricordare che è una festa pagana e che non ci appartiene, compreso il suo simbolismo (zucche, candele e quant’altro). Tuttavia si contrasta il paganesimo non semplicemente moltiplicando immagini di santi su computer, cellulari e pareti di casa.
Se la nostra cultura è diventata parecchio pagana, se si crede in altro e non nel Dio di Gesù Cristo, avremo o no qualche responsabilità? Scriveva Jacques Maritain: Non parliamo di un tipo nuovo si santità, ma le condizioni storiche, mutando, possono dar luogo a modi nuovi, a stili nuovi di santità. Dovremmo chiederci allora quale stile di santità il mondo attende da noi. Non penso che il mondo attenda nuove “crociate”, questa volta fatte di santini contro zucche! Tutte le crociate, serie o non, hanno fatto solo danni. Il mondo attende vedere le beatitudini di Gesù incarnate nella nostra vita. Attende di vedere testimoni autentici che conservano la loro felicità e serenità, cioè la loro beatitudine, nonostante la povertà, la crisi economica, le guerre, le ingiustizie, le lacerazioni familiari e sociali, la corruzione e via discorrendo. Siamo beati, felici, sereni quando incontriamo queste difficoltà e negatività? Per l’amor di Dio: non voglio dire che sia facile - è tutt’altro che facile! - ma non è certo concentrandoci sulle manifestazioni esteriori della fede che contribuiamo al nostro cammino di santità. La santità personale è la scommessa quotidiana e interiore di incarnare il Vangelo nella famiglia come al lavoro, nelle amicizie come nelle altre relazioni, in politica come in economia, nel piccolo come nel grande, sempre e comunque.
Scrive Francesco: “È salutare ricordarsi dei primi cristiani e di tanti fratelli lungo la storia che furono pieni di gioia, ricolmi di coraggio, instancabili nell’annuncio e capaci di una grande resistenza attiva. Vi è chi si consola dicendo che oggi è più difficile; tuttavia dobbiamo riconoscere che il contesto dell’Impero romano non era favorevole all’annuncio del Vangelo, né alla lotta per la giustizia, né alla difesa della dignità umana. In ogni momento della storia è presente la debolezza umana, la malsana ricerca di sé, l’egoismo comodo e, in definitiva, la concupiscenza che ci minaccia tutti. Tale realtà è sempre presente, sotto l’una o l’altra veste; deriva dal limite umano più che dalle circostanze. Dunque, non diciamo che oggi è più difficile; è diverso. Impariamo piuttosto dai santi che ci hanno preceduto ed hanno affrontato le difficoltà proprie della loro epoca” (EG, 263).
Rocco D’Ambrosio