Potere obbediente e accogliente, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23, 35-45).
20.1.2016. Tra Trump, Cameron & Brexit, Erdogan, Putin e diversi altri (tralasciando populisti e arruffapopoli di casa nostra, nonché cardinali tradizionalisti), non mancano occasioni per riflettere sui leader discutibili o inaccettabili; ovvero sulla crisi che attraversa il potere, fatte salve le nobili eccezioni. Abbiamo qualcosa da imparare da Gesù? Al di là di retoriche risposte affermative, è necessario riflettere spesso, molto spesso, su come il suo essere Re aiuta tutti noi a concepire e vivere un potere autentico, onesto, benefico.
Partiamo con il ricordare che la regalità di Gesù è così particolare e fuori da ogni schema che supera e rivede tutte le nostre aspettative e previsioni. In questo brano è il Re in croce. E già questo dice molto. Ma lasciamo questo aspetto e concentriamoci sui dialoghi. Tutti chiedono a Gesù che si salvi e che salvi gli altri, proprio perché è Re. In termini moderni chiedono al Cristo di usare il suo potere, che più o meno gli riconoscono, per finalità pratiche e convenienti per tutti: salvarsi dalla croce. Ma Gesù tace e va dritto per la sua strada, ovvero obbedire al Padre e accettare il calice che gli ha preparato. Il suo potere è vissuto come obbedienza a un progetto più grande della salvezza e comodità del momento. Potere come obbedienza a Dio e non come comodità per se stessi.
Un altro elemento di riflessione. E l’altro ladrone: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Qui, il potere che Gesù manifesta, è accoglienza. Il cuore del ladrone si pente e si apre al Cristo. E lui lo accoglie, tanto da dirgli: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Quando il potere è vissuto come obbedienza al piano di Dio, gli altri non sono mai oggetti da usare o maltrattare, ma sono e restano sempre persone. E accoglierli nella loro povertà di vita e nel loro umile riconoscimento delle proprie colpe è uno dei modi più belli di vivere la regalità. Potere come apertura al cuore di chi apre il proprio cuore al leader, agli altri.
C’è da riflettere. Non devono farlo solo i politici ma tutti noi. Perché tutti noi abbiamo piccole o grandi quote di potere: nelle varie istituzioni in cui siamo inseriti, da quelle più semplici come la famiglia o una piccola associazione a quelle più complesse come aziende, scuole, università, associazioni, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali ed internazionali. Ovunque s’incontrano forme di potere.
Quindi potere come obbedienza a Dio e accoglienza dell’altro. Non sono gli unici fondamenti etici che il Vangelo presenta, ma ovviamente sono già abbastanza per una verifica seria e profonda. Mi permetto di dire che anche i non credenti possono essere coinvolti: per loro l’obbedienza è al mandato ricevuto, ai suoi contenuti etici. Tutti, quindi, possiamo fare qualcosa perché i poteri si rinnovino e diminuiscano i vari Trump, Erdogan, Putin e compagni. Rinnovare il potere, più che stare a perdere tempo nel lamentarsi di quelli che ci governano (e che magari abbiamo appoggiato e votato) è un impegno inderogabile. Per i credenti è via per il paradiso.
Rocco D’Ambrosio