L'avventura della sequela, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». (Lc 9, 51-62).
30.6.2013: Imprecare, contro chi ci è contro, è un istinto: la nostra natura si ribella alla contrarietà. E ognuno di noi può raccontare tanti, forse tantissimi, episodi in cui ha perso la pazienza e ha iniziato a imprecare; in maniera lieve o pesante, comunque lo ha fatto. Anche i discepoli, dal canto loro, non vanno per il sottile: Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? In altri termini chiedono che gli oppositori siano fulminati. Ma Gesù si volta e li rimprovera. Gesù non ci sta; non accetta che si imprechi.
Non conosciamo il contenuto del dialogo con i discepoli, ma sembrerebbe che Gesù non faccia molto caso al rifiuto e che, subito, si incammini verso un altro villaggio. Del resto anche gli interlocutori successivi, pur non manifestando contrarietà, pongono condizioni nel seguire Gesù. Egli ha una risposta per tutti e tre. In sintesi: il primo è informato sulle difficoltà della sequela; il secondo è richiamato al primato della sequela su tutto (morti compresi); al terzo Gesù ricorda che la sequela non ammette esitazioni. Tre risposte tutte stringenti, esigenti, senza possibilità di replica. Un po’ di timore può sorgere spontaneo, tanto da farci dire: non è per me! La sequela di Cristo è estremamente impegnativa e molto spesso ci alterniamo tra momenti di entusiasmo e momenti di scoraggiamento. Se non fosse per la misericordia di Dio verrebbe da dire che la sequela di Cristo è opera immane e impossibile. Tanto da andarsene via.
In un caso - ricorderemo - è Gesù stesso a chiedere se ci sia ancora volontà di continuare, dopo avere esposto alcune conseguenze della sequela: Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv 6, 67-69). Ciò fa pensare che anche Pietro e compagni abbiano avuto diversi momenti di crisi. la sequela di Cristo non è mai stata semplice per nessuno.
Cos’è allora la sequela di Cristo? Forse - dico forse - un’avventura, dove è fisso solo qualche punto: Lui ci ama, ci aiuta nel seguirlo, anche se noi non siamo mai all’altezza di quanto ci chiede. E come in ogni avventura, bellezza e pericolo sono tutt’uno.
Mi piace come si esprime Efrem il Siro: “L'assetato si rallegra quando beve, non si rattrista se gli cessa la sete perché sa che la fonte non si essicca. Sia sempre la tua sete a terminare e mai la fonte a essiccarsi. Sia sempre la fonte a vincere la tua sete e non la tua sete a vincere la fonte”.
Rocco D’Ambrosio