Lavoro e scommesse, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. (Lc 5, 1-11).
10.2.2013. Quanto lavoro inutile esiste? Quante volte abbiamo provato un senso di delusione e frustrazione nell’aver faticato tanto ed esserci ritrovati con un bel niente nelle mani? Forse possono essere state queste le domande, insieme ad altre, degli apostoli quando hanno faticato tutta la notte, senza pescare niente. Alla luce di ciò la richiesta di Gesù sembra ancora più assurda: Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca. Eppure Pietro e gli altri lo fanno. Non sappiamo cosa li abbia spinti, ma essi obbediscono. Ed è un’obbedienza difficile: va contro ogni previsione umana, calcolo di probabilità, atteggiamento razionale. Dall’altra parte sembra difficile che abbiano potuto prevedere il miracolo che stava per compiersi. Pascal direbbe che hanno scommesso. Ma di che scommessa si tratta. E’ uno scommettere tra tutto o niente, tra zero e infinito; dove se guadagni, guadagni tutto; se perdi, non perdi nulla, scrive Pascal. Ricordiamo che Pascal applica questo discorso alla fede nell’esistenza di Dio; ma è innegabile che possa essere esteso a tutta la nostra vita, lavoro compreso. Anche il lavoro è un luogo in cui il buon Dio ci invita a scommettere tra un’attività in cui crediamo di avere sotto controllo e una in cui ci chiede di affidarci a Lui e di ritornare a gettare le reti anche quando ci sono poche probabilità di successo. In poche parole ci invita a scommettere su di Lui.
Mi ha sempre fatto pensare che in tedesco beruf significa professione e vocazione (come nel famoso Politik als Beruf, La politica come professione di Max Weber). Vocazione e professione sono un’unica parola. Quindi non devono scommettere solo coloro che hanno particolari vocazioni di servizio ecclesiale (pescatori di uomini), ma tutti. Scommettere è insito nel modo di credere e di condurre una vita sotto la guida del buon Dio. Anche nel lavoro-vocazione abbiamo bisogno di essere continuamente spodestati, abbiamo bisogno di ricordarci che non decidiamo tutto, anzi ben poco o niente proprio. Abbiamo bisogno di ricordarci che la pesca abbondante non è un nostro merito ma sempre e comunque un dono di Dio. Abbiamo bisogno di scommettere con un grande senso di abbandono: è la gelosia di Dio che ci affida il creato, e quindi ogni lavoro, non per farci essere o sentire padroni, ma con il preciso mandato di essere amministratori. Quanto è nelle nostre mani non ci appartiene, ma resta Suo, sempre e comunque. E solo il riconoscere che tutto è dono – lavoro, vita, relazioni – ci può rendere veramente umili, riprendere la pesca anche se ci sembra assurdo. Solo per questa fede si può dire: “Non ci credo ma lo faccio perché Tu sei il padrone. E scommetto ancora su di Te”.
Rocco D'Ambrosio