L'amore e i papaveri, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». (Gv 14, 15-21).
17 maggio 2020. Confesso che ho tanta difficoltà a dedicare qualche parola al tema dell’amore, specie in un contesto omiletico. Vale un po’ per tutto, ma in particolare per il tema dell’amore: mi chiedo che esperienze affettive sta facendo chi mi ascolta (o legge)? Banalità e stupidità, in materia, non ci hanno fatto anche perdere il gusto di leggere o ascoltare qualcosa di serio e profondo sull’amore? Per non parlare di coloro che inquinano il dibattito perché seminano odio (haters) a ogni pie’ sospinto.
Siamo tutti un po’ consapevoli che il discorso su ciò che contraddistingue l’essere cristiano – amore, misericordia, perdono – subisce spesso un terribile impoverimento moralistico, tanto da poter affermare con Mounier che l’amore è ormai presentato come una virtù inghirlandata di papavero (L’Affrontamento cristiano): un atteggiamento debole, moralistico, inefficace, narcisistico, con complessi d’inferiorità, egocentrico, alcune volte anche volgare.
All’amore, allora, dobbiamo ridare forza. Gesù parla di un Paraclito, di un Soccorritore, Consolatore, Avvocato, Difensore (stando alla traduzione dal greco). Quasi a dire che senza un aiuto dall’alto… restiamo con i papaveri del nostro amore, deboli e belli solo per poco. Del resto non sono pochi quelli che prevedono, dopo questa crisi un ritorno ala vecchie abitudini; quindi è molto probabile chi amava seriamente lo st facendo in questa crisi e continuerà anche dopo. Come è molto probabile che anche chi odiava… continuerà a farlo.
In altri termini: Gesù conosce la nostra incapacità, molto bene. Sa che qualsiasi lontananza da Lui ci rende orfani. Più avanti sarà ancora più chiaro: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso” (Gv 16,12). Essere orfani o essere incapaci di portare il peso indica una situazione di debolezza e di dipendenza. Costante debolezza e forte dipendenza. Dipendiamo dal Cristo nell’amare? Ci aggrappiamo a Lui? Tolta questa relazione col Cristo il nostro modo di amare incontra problemi, tanti problemi. Ciò vuol dire che chi crede in Cristo azzera e risolve tutti i suoi problemi di amore? No, perché Gesù non è il deus ex machina che appare nella scena della nostra vita e porta via tutti i suoi guai. Gesù ci dona un Paràclito, cioè di uno che “viene in aiuto, un assistente, un difensore”.
Non possiamo amare senza che qualcuno ci assista. Non è mai un aiuto che viene dal basso, cioè dalle nostre capacità fisiche, intellettuali ed emotive (anche se queste possono essere strumento di Dio… “aiutati che Dio ti aiuta!”). E’ un aiuto che viene dall’alto, “che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”. Quando si ama si ha bisogno degli altri non solo perché a essi è indirizzato il nostro amore, si ha anche bisogno di guide esperte e di consigli saggi. Di un Paràclito!
Mano nella mano del Paràclito iniziamo a fare un’esperienza di un amore, illuminato dalla luce del Risorto, che è un amore forte. Forte per la sua sorgente. Forte per il suo sostegno. Forte per la sua chiarezza. Forte per la sua gioia.
Rocco D’Ambrosio