Ipocrisia o autenticità, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7).
2 settembre 2018. Leggendo questo brano mi torna spesso in mente la canzone di Fabrizio De Andrè, Il Testamento di Tito: un acuto esempio di descrizione di quella ipocrisia che emerge da quelle persone che si sentono coi tanto religiose… da tradire la religione stessa! Delle persone che chiederebbero, ancora oggi, a Gesù: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”. Gesù risponde e precisa che, a lungo andare, il loro modo di rapportarsi a obblighi e riti era diventato un mix di ipocrisia, di precetti umani presentati come volere divino e così via. Tante De Andrè: “Lo sanno a memoria il diritto divino, e scordano sempre il perdono…”.
Gesù propone un radicale cambio di ottica. Del resto non poteva essere diversamente: una parte della comunità ebraica aveva perso la genuinità della fede e già i profeti avevano insistito sul ritorno all’autenticità e coerenza, come lo stesso Isaia citato da Gesù. Il cambio di ottica consiste nel passare dall’attenzione per l’esterno a quella per l’interno. E’ una di quelle cose facile a dirsi, ma molto difficile a mettersi in pratica. Tutto ciò che è esterno ci attira immediatamente e spesso fortemente: il vivere in una società dell’immagine non ci aiuta.
“Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male”, dice Gesù. Con buona pace di tutti coloro che pensano che il male ha origini e motivazioni sociali e politiche, culturali e storiche. Il male nasce dentro e non fuori, nella famiglia o nei gruppi, nelle istituzioni o nel villaggio globale. Tante volte dire che è “colpa dell’ambiente o della situazione storica” o di altro esterno a noi è solo una scusa per non riconoscere che siamo tutti, chi più, chi meno, autori di un male che nasce dentro di noi. Certo l'ambiente ha un'influenza, più o meno grande, ma non potrà mai essere il responsabile di tutto il male.
Gesù è anche molto chiaro anche su cosa possa essere definito male. Male sono “impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”. La lista serve a non farci dire sciocchezze, a evitare estremisti, come il considerare tutto male o, al contrario, niente male. Il male sono questi dodici peccati o, negatività, se vogliamo dirlo in termini laici.
Essi hanno sempre un responsabile, un nome e un cognome da cui provengono. Non è colpa né di Dio, né della società, né del periodo storico o la cultura. E’ colpa solo nostra o, meglio, di chi ha in se e produce negatività e si industria a seminarle.
Rocco D’Ambrosio