Insistere amando, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18, 1-8).
20.10.2013: L’insistenza è un’atteggiamento umano fondamentale che spesso può degenerare in inopportunità o aggravio per coloro con i quali ci rapportiamo. Qui Gesù la lega alla preghiera. Ma cosa significa?
Partiamo dal presupposto che chi crede, prega. Non esiste fede autentica, in qualsiasi contesto religioso, che non porti ad un rapporto personale con il Dio in cui si crede. Il Signore ci chiede che il rapporto con Lui sia personale e intimo, prima di essere comunitario e pubblico. E diverse volte ritorna sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai.
Sappiamo anche che il Vangelo contiene due consigli, apparentemente, contrastanti. Da una parte Gesù invita, come in questo brano, a pregare sempre, senza stancarsi mai; dall’altra, in un altro passo, afferma: Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole (Mt 6, 7). L’apparente contrasto si risolve se ci ricordiamo che Gesù vuole l’insistenza del cuore e non delle formule. Ovvero Gesù vuole l’insistenza dell’amore pieno e non quella delle parole vuote.
Allora il punto sembra essere l’insistenza del cuore, non delle parole. Ma in cosa consiste l’insistenza del cuore mentre preghiamo, ovvero, per dirla con il Vangelo, l’importunare Dio continuamente, come fa la vedova con il giudice? Credo che non ci sia altro modo per capirlo se non quello di fare riferimento alle esperienze affettive che abbiamo, nell’amore come nell’amicizia. Nessuno può stabilire da fuori e per sempre fino a che punto possiamo spingerci, ovvero: fino a che punto il nostro chiedere insistentemente è frutto di amore o altro (formalismo, superstizione, autosuggestione, esibizionismo, pietà popolare di tipo magico e via discorrendo)?
Ha scritto Thomas Merton, grande maestro di preghiera: In tutte le distrazioni la volontà di pregare è l’essenza della preghiera, è il desiderio di trovare Dio, di vederlo, di amarlo, è ciò che solo mi importa. Agostino direbbe che il tuo stesso desiderio è la tua preghiera: e il continuo desiderio è una continua preghiera. Sembra giocarsi tutto sulla costanza del desiderio. Ma non è esso la costanza dell’amore?
Mi ha sempre colpito un consiglio che da l’autore della Nube della non-conoscenza: Fai in modo che non rimanga niente nella tua mente se non questa sola occupazione: un nudo anelito di raggiungere Dio. Mi fa pensare al fatto che la mente va purificata, il desiderio passato al setaccio… si può inquinare, come l’acqua, come il mondo in cui viviamo e se ciò accade non è più autentica preghiera.
Del resto la domanda finale di Gesù - Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? - credo vada condotta ai suoi eletti che si sono continuamente purificati, che gridano giorno e notte verso di lui e ai quali fa loro giustizia prontamente. Mi sembra che il Signore voglia dire che troverà fede solo in loro, che lo hanno amato, cercato, pregato con tanta insistenza, con tanto desiderio del cuore.