In umiltà e pace, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo della Commemorazione dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme: In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre» (Lc 19,28-40; il Vangelo della Messa, detto “Passio”, è Lc 22,14 - 23,56).
20 marzo 2016. Quello dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme è un particolare che, spesso, si perde nel grande racconto degli eventi della settimana di passione, morte e resurrezione di Gesù. Eppure è un particolare importante, ricco di significati profondi; molti di questi essenziali per comprendere il valore del sacrificio di Gesù.
L’intero evento fa pensare a qualcosa di preparato nei minimi particolari, con una … grande regia: il puledro ritirato dai discepoli, i mantelli stesi per terra, la gioia e le acclamazioni della gente, i farisei zittiti da Gesù. Tutto è preparato e finalizzato, tanto che, se ce ne fosse bisogno, “griderebbero le pietre”.
Gesù entra e cavalca un puledro. Immediatamente la scelta ci fa pensare a un atteggiamento umile, anche se, nella tradizione ebraica, la cavalcatura ha anche un riferimento al re che inaugura tempi di pace; un re che è “giusto, vittorioso, umile e cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zc 9, 9). Del resto la gente lo acclama dicendo: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!”. Ma questi sarebbero particolari importanti, ma non essenziali, se il tutto non si riferisse all’ingresso finale in Gerusalemme.
Gesù va verso la sua passione, morte e resurrezione in umiltà e pace. Non è e non sarà mai facile da capire. A noi risulterebbe difficile, ma molto difficile, camminare verso la condanna in umiltà e pace, per tanti motivi. Per spiegarmelo, non riesco a pensare ad altro, se non al suo profondo abbandono nelle mani del Padre. Del resto, la regia è proprio del Padre, che accompagna e sostiene Suo Figlio fino al dono supremo.
Molto spesso i torti subiti nella nostra vita non ci ispirano umiltà, ne tanto meno ci fanno rimanere in pace. I torti, pur molto più piccoli di quelli di Gesù (perché lui senza colpa, noi invece con tanti peccati), ci producono astio, vendetta, odio, ribellione e quant’altro. E’ cosi, non sempre, ma molto spesso. Allora questo ingresso di Gesù è un’icona da contemplare continuamente per imparare ad abbandonarsi a Lui, nonostante i torti e le varie contrarietà. Cavalcare un asino ci rende umili e ci da pace. Se lo faremo, Dio non ci deluderà. E ci farà risorgere!
Rocco D’Ambrosio