Il virus e il Vangelo della Trasfigurazione, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti» (Mt 17, 1-9).
8 marzo 2020. Mi hanno insegnato che la Parola di Dio illumina la nostra giornata, i momenti belli e brutti, le fasi della storia e i processi del mondo, nel piccolo come nel globale. Ovvio: il problema del momento è il coranavirus. Oggi parteciperemo all’Eucaristia - dove è possibile, fisicamente, altrove a distanza… televisiva - e cercheremo lumi in quello che Dio ci dice. E’ questo ciò che ci chiede il Signore, non certamente sciocchezze catastrofistiche o l’invocare qualche dio che punisce con i virus e fesserie del genere.
E’ importante riferirci alla storia previa dell’evento della trasfigurazione: Gesù è in cammino verso Gerusalemme, verso la sua morte e resurrezione. Forse tra i discepoli c’è incomprensione, smarrimento, delusione, dubbi sulla sua identità e il Signore chiama Pietro, Giacomo e Giovanni per confermarli nella loro fede. Il brano odierno ci potrebbe aiutare, ovviamente nella misura in cui siamo disposti ad ascoltare e a farci istruire dal Signore, anche in materia di virus e panico dilaganti. La trasfigurazione sul Tabor non è richiesta da Pietro, Giacomo e Giovanni. E’ puro dono. Semplice e chiaro, ma tanto difficile da vivere. E’ il Signore che si mostra, non siamo noi a comandare di farlo.
Possiamo e dobbiamo dire sempre “fa' splendere il tuo volto, Signore”, ma i tempi e i modi li decide solo e solamente Lui. Tutto è sua grazia, anche il poter vedere il Suo volto. Quindi, come credenti, al di la della possibilità di celebrare Messa o meno, di chiese chiuse o aperte, è importante che preghiamo per avere lumi, per superare la prova. E’ necessario che preghiamo perché il Signore guarisca i malati e abbia con sé chi non ce l’ha fatta, perchè aiuti autorità, medici, infermieri e operatori sanitari, forze dell’ordine e della protezione civile ad avere intelligenza e forza, perché ci aiuti a non chiuderci nell'egoismo ma a ricordare chi sta soffrendo anche più di noi in questo momento (penso ai profughi siriani in Turchia e Grecia), perché ci aiuti a capire il senso di quello che sta succedendo e quali scelte drastiche e fondamentali dobbiamo fare nel futuro.
Sul Tabor forse Gesù ha ascoltato la preghiera dei discepoli, forse aveva in mente altro. Ma più che i motivi per cui Gesù abbia potuto farlo, ci interessa la dinamica della trasfigurazione di Cristo. Essa avviene sul monte, lontani dagli altri ma… vicini alla loro storia. Mosè ed Elia sono li a testimoniare di quanto il Signore voglia confermare la storia, la fede, le attese che i discepoli avevano: conoscere il Cristo. E Dio lo presenta loro così.
La manifestazione del Cristo avviene in un susseguirsi di stati emotivi contrastanti dei discepoli: “sonno, risveglio, visione, gioia, stupore, paura, silenzio”. E non è un susseguirsi di emozioni, specie negative, che stiamo vivendo in questi giorni? E’ difficile quasi commentarli e seguirli uno a uno. Ma forse non serve tanto. Serve, piuttosto, capire che quando Dio si rivela, in piccoli come in grandi momenti, nelle crisi personali come in una epidemia. L’alternarsi di sentimenti contrastanti è nell’ordine delle cose. Ma non è questo il centro del tutto. Il focus è il fatto che Dio si faccia vedere, che ci dica qualcosa e così trasfiguri, poco o tanto che sia, la nostra realtà, uscendo così da questa crisi.
E’ un momento di prova: impossibile negarlo. Chiediamoci se la nostra fede è aiuto a viverla meglio, se ci abbandoniamo nelle mani di Dio, senza dimenticare di fare ciò che è razionalmente giusto per superare il momento oppure abbiamo spento mente e cuore. Non a caso diversi italiani sono diventati più cinici (si pensi ad alcuni politici e non solo) che approfittano di tutto pur di ottenere più consensi e più denaro sporco; siamo diventati più stupidi nel credere o diffondere falsità sui social e via dicendo. Fede ragione, e scienza, non si escludono ma si completano a vicenda: Dio aiuta chi si aiuta e si offre a Lui per il bene.
A molti, in questi giorni, è ritornato in mente il romanzo La peste di Albert Camus. L’autore, non credente, pone in bocca a padre Panelux queste illuminanti parole: “qui si manifesta la divina misericordia che ha messo in ogni cosa il bene e il male, la collera e la pietà, la peste e la salvezza. Lo stesso flagello che vi martirizza, vi eleva e vi mostra la via…".
Rocco D’Ambrosio