Il tesoro della fede, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 44-52).
26 luglio 2020. Forse una delle malattie, presenti tra coloro che nascono e crescono in ambienti religiosi, potrebbe essere quella del rifiuto a cercare ancora, una sorta di “pancia piena”, del “ho già tutto e ho capito tutto”. E’ una malattia che nega il significato del Vangelo odierno. Bisogna cercare e ricercare, ricercare e e non stancarsi mai. E un volta trovato il tesoro che è il Regno di Dio - potremmo anche dire Dio stesso - custodirlo come il tesoro più prezioso. La perla più rara. E’ possibile tutto questo? O è una bella favola?
ll cercare un tesoro è una fatica costante, che ti prende giorno e notte, ti fa rivedere mappe e itinerari. Nel cercare un tesoro ci si applica molto e si spera di ottenere molto. Il risultato non è affatto certo; dipende anche dall’impegno e dalla fatica che ci mettiamo.
Forse la nostra fede, alcune volte, è è segnata da un minimo sforzo e vogliamo, spesso esigiamo, dal buon Dio, il massimo della ricompensa. Siamo un po’ come quelli della famosa canzone: “Proviamo anche con Dio, non si mai…”. Ma con Dio non si prova, non si scommette banalmente come alla lotteria. Con il buon Dio bisogna mettersi completamente in gioco.
L’uomo del tesoro “vende tutti i suoi averi e compra quel campo”, come il mercante che “vende tutti i suoi averi e compra la perla di grande valore”. E lo stesso dicasi dei pescatori che si applicano al lavoro: “tirano a riva la rete, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi”. Il Regno di Dio è una cosa seria, molto seria. Sembra questa un’ovvietà. Ma – sono convinto – non è così ovvio: infatti sono tante le tentazioni che ci inducono a non prendere la nostra fede sul serio, a ridurla a un’ideologia tra le altre, a una tradizione, ormai senza gusto e senza senso.
La fede non si vende, né si compra; non si pubblicizza, né si pone in competizione. La fede è quella dello scriba che fatica per diventare discepolo del regno dei cieli; che fatica, ogni giorno, per estrarre cose nuove e cose antiche dal suo tesoro. Fatica, si stanca, si perde, sbaglia, pecca… ma è felice. Perché solo con la fatica si trova il tesoro.
Ha scritto Pierre-Yves Emery: «Occorre precisare che la fede deve essere il modo di entrare nel progetto di Dio, invece di pretendere di fare entrare Dio nei nostri. Possiamo chiedere tutto per noi stessi nella misura in cui questo è finalizzato al vegliare nell'attesa del Regno».
Rocco D’Ambrosio