Il mio o il Suo Natale?, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». (Lc 2, 1-14).
25 dicembre 2012. Ho sempre pensato che una delle più forti forze interiori (e anche esteriori) sia l'altalenarsi tra il Natale che vorremmo e quello che il buon Dio realmente ci manda. Questa mia (nostra) altalena interiore mi ha sempre spinto a scrutare, ammesso che fosse possibile, i pensieri della Madre: forse avrebbe voluto che i giorni del suo primo parto si compissero in luoghi più caldi, per affetto e comodità, completamente diversi da quelli che avvennero. Scrutare questo tipo di pensieri non è poi così difficile, specie quando si è coinvolti in un evento, come il parto, con tutto se stessi. Noi non siamo Maria, ma forse abbiamo un carico di attese abbastanza simile: a Natale ci lasciamo andare in sogni, progetti, speranze, auguri e vorremmo, spesso come dei bambini, che il Natale sia come lo abbiamo immaginato o disegnato nella nostra mente. Ma non sempre, anzi quasi mai, quel Natale si avvera. La pagina evangelica, per introdurre il Natale di Gesù, offre delle coordinate storiche e istituzionali di grande portata. L’evangelista vuole spiegare il peregrinare di Maria e Giuseppe, nonostante la nascita imminente. A noi, quelle coordinate, servono per altro: sostituiamole con notizie che ci riportano all’oggi e alla sua concretezza:crisi economica, guerre, la nostra vita con relazioni, lavoro, progetti, affetti, gioie e difficoltà varie. Il Natale che Dio prepara per noi passa attraverso un’accettazione della storia che sto vivendo, in cui sono profondamente immerso. Se voglio scappare da questa storia non potrò mai fare Natale. Ciò non significa che la mia, la nostra storia, i nostri tempi siano lineari e liberi da ambiguità o negatività. E’ la nostra storia, nel bene e nel male. Come lo era quella di Maria e Giuseppe, dalla piccola Nazareth agli scenari dell’impero romano. Ma il Natale che Dio ci prepara passa di lì, non salta nessun aspetto delle nostre storie e tempi. E’ incarnazione profonda e sincera nel più profondo del tessuto umano, fatto di storie concrete, la mia, la tua, le nostre storie e dei tempi in cui viviamo. Il Natale che Dio ci prepara non si può raccontare sempre, anzi quasi mai. Il Natale che Dio ci prepara ha molto della semplicità di Maria nell’accettare la diversità tra il Natale dei suoi sogni o progetti e la povertà della mangiatoia. Ha molto anche dei silenzi di Giuseppe. Ha molto anche della veglia dei pastori e dell’invito fuori del comune di visitare un Salvatore a due passi da loro e posto in una stalla. Il Natale che Dio ci prepara ci deve sorprendere. Se non ci sorprende, oso dire che non è Natale. Il Natale che Dio ci prepara è un suo dono. Non il mio dono a Lui, ma il Suo a me. Non è scritto da nessuna parte che devo capirlo e gustarlo subito. Non è scritto da nessuna parte che facilmente entrerò negli arcani di questo dono. E’ scritto, però, che mi vuole bene, nonostante il diverso Natale che vorrei. E’ scritto che solo la sua tenerezza fa Natale.
Rocco D’Ambrosio