I profeti disprezzati, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando (Mc 6, 1-6).
5 luglio 2015. Non ci sono dubbi sul fatto che la nostra fede cristiana, a partire dalla sua radice ebraica, sia sostanzialmente profetica. La profezia è modo con cui il buon Dio rivela il Suo volere. E’ rivelazione del piano di Dio nella storia e, al tempo stesso, è giudizio sulla comunità dei credenti e sul mondo perché questi ritornino a Lui con tutto il cuore (cfr. Gl 2, 12-17). E’ continua presenza di Dio in mezzo al suo popolo: Dio parla molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, e sommamente parla per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo (cfr. Eb 1). La profezia è impegno affidato ai discepoli dal Cristo perché siano suo segno nel mondo predicando il Vangelo e compiendo prodigi (cfr. Mc 16, 17-20).
Tutto ciò è molto chiaro nella nostra fede, ma ha diversi problemi nella pratica. I profeti non sono mai tanto piaciuti perché mettono in crisi, chiamano a conversione, sconvolgono per rinnovare persone, gruppi e istituzioni. Non mancano infatti profeti, manca, invece, l’attenzione e l’accoglienza di essi. Un po’ succede quello che è successo a Gesù: essere rifiutato, non dagli sconosciuti, ma da quelli che lo conoscevano.
A essere precisi, il rifiuto della profezia riguarda, più che altro, quei contesti ecclesiali che non riescono a essere contagiati seriamente dalla Parola di Dio, tanto da poter essere riconosciuti come figlie e figli di quei profeti che hanno servito il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe con tutto se stessi o che hanno annunciato il Cristo con letizia e coerenza, fino al dono della vita.
Qualche giorno fa Eugenio Scalfari ha scritto che papa Francesco è profeta e pastore come ben pochi papi lo sono stati negli ultimi secoli. Se si considerano le reazioni ai suoi contenuti, prassi e stile, immediatamente mi viene da dire che il rifiuto operato verso la profezia di Francesco è molto, ma molto, simile a quello operato nei confronti di Lorenzo Milani, Helder Camara, Oscar Romero, Tonino Bello, Ernesto Balducci, tanto per citare i primi che mi vengono in mente.
Il Vangelo odierno dice che Gesù “era per loro motivo di scandalo”, specie per quelli che non erano pronti ad accoglierlo, ad aprirsi a parole e segni nuovi, a una salvezza che visitava in maniera diversa dalla attese tradizionali. Sono tanti, anche oggi. Pazienza. Che Dio ci aiuti!
Rocco D’Ambrosio