I profeti che stanno sulle scatole, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele (Lc 1, 57-66).
24 giugno 2018. “Che sarà mai questo bambino?”, si chiedono i concittadini di Elisabetta e Zaccaria. E’ Giovanni il Battista, il “più grande tra i nati di donna”, come lo definisce Gesù. In un periodo storico, in cui l’aquila romana dominava con arroganza sui territori occupati, il Battista seppe denunciare con forza le gravi contraddizioni di un potere fortemente corrotto, sia in termini relazionali, che politici.
Ad Erode non furono risparmiati moniti e invettive, essendo signore nell’arte degli abusi e delle nefandezze. Agli israeliti, specie ai capi, Giovanni rivolse forti richiami alla conversione, invitandoli ad avere una misura sobria di se stessi. La verità proferita venne pagata con la vita. “He cared”,- direbbe Milani - gli stava a cuore veramente il bene del suo popolo. Troppo deboli sono oggi le voci, un po’ in tutte le istituzioni, che sostengono e difendono la verità, che hanno il coraggio della denuncia e la disponibilità a mettere in gioco la vita per amore del bene comune. Non nasceranno profeti da un tessuto umano, che pensa solo al proprio benessere e che, al massimo, tutela i vicini e le persone care. In questo clima di egoismo la profezia sul potere nasce difficilmente e facilmente muore.
Si è scritto più volte, in questo inizio secolo, di quanto, oggigiorno, ci siano poche voci profetiche, nel mondo come nella Chiesa. Nonostante i secoli trascorsi Giovanni il Battista ha ancora tanto da insegnare: la sua dedizione al Cristo non ha paragoni. In lui non c’è nessuna vena self promoting, nessun narcisismo e autoreferenzialità. Lavora per il Cristo con tutto se stesso, mente e cuore orientati a colui che è più forte di lui. Per questo motivo la Chiesa, lo celebra con due feste solenni. E’, dopo il Cristo, il profeta per eccellenza.
Sono tempi difficili. Non va di modo la profezia ma l’urlare proclami idioti o populisti e uno stuolo, sul web o sulle piazze, di gente che da ragione alla prima stupidaggine pronunciata. Coloro che vorranno conservare un poi di mente e un po’ di cuore avranno tante difficoltà. Le aveva ben evidenziate don Milani. Parole dure e crude, da meditare, specie oggi. “Ecco dunque l'unica cosa decente che ci resta da fare: stare in alto (cioè in grazia di Dio), mirare in alto (per noi e per gli altri) e sfottere crudelmente non chi è in basso, ma chi mira basso. Rinceffargli ogni giorno la sua vuotezza, la sua miseria, la sua inutilità, la sua incoerenza. Star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici noiosi odiosi insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce. E splendenti e attraenti solo per quelli che hanno Grazia sufficiente da gustare altri valori che non siano quelli del mondo”.