Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Gv 15, 9-17).
10 maggio 2015. Forse non c'è persona sulla faccia della terra che non voglia, dopo la sua morte, continuare a "vivere quaggiù" magari nelle opere che ha realizzato, in ciò che faranno i suoi figli e nipoti, nel ricordo che la storia, piccola o grande, gli riserverà. In fondo ciò è anche bello: è il nostro desiderio di non morire, è la voglia di generare per sempre, è la forza dell'istinto di conservazione.
Ovviamente ciò che è naturale ha le sue degenerazioni. E allora ci ritroviamo con politici, responsabili di comunità di fede religiosa o di istituzioni varie, capi e leader di ogni dove e quando, che si sentono "salvatori della patria", iniziatori di una nuova era, destinati a non morire mai, per le opere che realizzano e per il ricordo che si avrà di loro. Fenomeno abbondantemente studiato e che prende il nome di gnosticismo politico. Non c'è solo da studiare. Ci sarebbe anche tanto da ridere per quanto leader siffatti diventano pacchiani e stucchevoli nel sentirsi eterni; se poi, pensiamo ai danni che fanno, c'è solo da piangere.
Se riusciamo a evitare questi estremi ridicoli e dannosi, il problema resta e va continuamente considerato: nella nostra vita i frutti degli affetti, del lavoro, delle relazioni sono per sempre? Credo che il Signore Gesù non abbia mai condannato il nostro desiderio che restino; ovviamente non ci sono dubbi sul suo no a protagonismi, autorefenzialità, sentimento di onnipotenza e via discorrendo.
"Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga". Il portar frutti, in ogni ambito di vita, è un dono di Dio, rivela l'immagine di Dio Creatore in ognuno di noi. Quindi i soli frutti che rimangono sono quelli maturati in Lui e per mezzo suo. Ciò significa ricordarsi continuamente di essere strumenti, e non fine, di un piano più grande di noi, cioè la volontà di Dio. Ciò significa che bisogna pregare molto perché quello che facciamo sia sempre nel suo nome; le tentazioni di deviare sono tante, non solo per i leader, ma per ognuno di noi. Ciò significa che abbiamo bisogno di un continuo discernimento - personale, con guide e maestri, con il gruppo - per valutare progetti e frutti. E tanta fede: "perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda".
Rocco D'Ambrosio