Fulmini o sequela, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» (Lc 9, 51-62).
26 giugno 2016. Imprecare contro chi ci è contro è un istinto: la nostra natura si ribella alla contrarietà. E ognuno di noi può raccontare tanti, forse tantissimi, episodi in cui ha perso la pazienza e ha iniziato a imprecare; in maniera lieve o pesante, comunque lo ha fatto. Anche i discepoli, dal canto loro, non vanno per il sottile: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” In altri termini chiedono che gli oppositori siano fulminati. Ma Gesù si volta e li rimprovera. Gesù non ci sta; non accetta che si imprechi.
Brexit, campagne elettorali, tensioni politiche, difficoltà economiche, relazioni difficili, conflitti familiari, professionali e sociali e via discorrendo: tutte situazioni che inducono a chiedere a Dio di scagliare fulmini. Ma è questa la strada. “Gesù si voltò e li rimproverò”. Gesù non ci sta. Gesù è per altre soluzioni. La pace, il dialogo, la ricerca di ciò che unisce e il cercare di superare ciò che divide, sono una vera e propria fatica. Non si raggiungono da un momento all’altro, non si costruiscono a tavolino, raramente sono a portata di mano. Costano passione, impegno e fatica. Come la sequela di Cristo.
Leggo in quest’ottica le richieste degli interlocutori successivi: essi pur non manifestando contrarietà, pongono condizioni nel seguire Gesù. Egli ha una risposta per tutti e tre. In sintesi: il primo è informato sulle difficoltà della sequela; il secondo è richiamato al primato della sequela su tutto (morti compresi); al terzo Gesù ricorda che la sequela non ammette esitazioni e richiede un grande lavoro su stessi. Altro che fulmini scagliati a buon mercato! La sequela è come la fatica della pace e del dialogo: richiede passione, impegno e fatica.
In un caso - ricorderemo - è Gesù stesso a chiedere se ci sia ancora volontà di continuare, dopo avere ascoltato alcune conseguenze della sequela: Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv 6, 67-69). Ciò fa pensare che anche Pietro e compagni abbiano avuto diversi momenti di crisi. la sequela di Cristo non è mai stata semplice per nessuno.
Rocco D’Ambrosio