Fedeli a Dio e fedeli alla comunità politica, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». (Mt 22, 15-21).
17 ottobre 2020. Partiamo da una testimonianza famosa. Nel 1952 il Vaticano si batté strenuamente affinché a Roma la Dc si alleasse con gli eredi del fascismo (Msi), dopo aver invitato Sturzo a costituire una lista civica. De Gasperi, fermo nelle sue convinzioni antifasciste, resistette alle pressioni. Nel giugno del 1952 De Gasperi richiese un'udienza al Papa per sé e la propria famiglia. Era il trentesimo anniversario del suo matrimonio e sua figlia Lucia aveva appena preso i voti come suora. Il Papa rifiutò e De Gasperi scrisse una lettera all'ambasciatore italiano in Vaticano, Giorgio Mameli, per protestare: «come cristiano accetto l’umiliazione benché non sappia come giustificarla; come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, la dignità e l’autorità che rappresento e di cui non mi posso spogliare, anche nei rapporti privati, mi impone di esprimere stupore per un rifiuto così eccezionale e di riservarmi di provocare dalla Segreteria di Stato un chiarimento». Esempio fulgido di un credente che ha compreso e fata sua la lezione del “date a cesare e date a Dio”.
Oggigiorno, purtroppo i politici stile De Gasperi sono rarissimi e quello dei doveri verso Dio e di quelli verso la comunità civile e politica è un tema che crea molte difficoltà tra i cattolici italiani. Abbiamo pochi come De Gasperi e Moro, autentici cristiani e cittadini di gran levatura; proliferano, invece, politici clericalizzati o pseudo mistici con rosari sventolati; persino un vescovo che accetta una nomina ministeriale (https://formiche.net/2020/09/ministro-vescovo-commissione/); clero politicizzato o incline a rapporti non chiari con il mondo politico; politici in cerca di appoggi clericali a ogni pie' sospinto e via discorrendo. Ci sarebbe un impellente bisogno di riaprire luoghi di discussione e dialogo nelle parrocchie, associazioni e movimenti su questo tema. E in questi incontri il primato della Parola di Dio deve essere sacrosanto: il Signore ci comanda di adempiere ai nostri doveri di cittadini di questo mondo, quanto lo fa per quelli verso Dio. Sono ambedue importanti. Al tempo stesso ci chiede di fuggire l'idolatria del potere (cf. Lc 4) e di amarlo e servirlo in ogni nostra azione.
La risposta di Gesù - “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" - è virtuosamente tra due estremi: la teocrazia, da una parte, con la sua tendenza a concepire ed assorbire qualsiasi forma di potere nella sfera religiosa (si pensi ad alcuni stati arabi) e, dall’altra, l’invadenza del potere politico nella sfera della libertà personale, specie religiosa, fino a negarla (si pensi ad alcune dittature totalitarie). Esistono poteri e poteri, ciascuno con il proprio ordine e prerogative a cui rispondere: né il potere statale può sostituire quello religioso, né viceversa. Il discorso di Gesù non fa una grinza, ma la prassi ecclesiale italiana lascia spesso a desiderare.
Non ho qui lo spazio per affrontare l'analisi delle cause storiche e teologiche che hanno portato molti cattolici italiani a credere che assolvendo (solo alcuni) doveri verso Dio fosse quasi automatica la strada per il paradiso. E molto spesso, nelle nostre omelie e incontri di formazione, abbiamo dimenticato di riferirci alla fedeltà a Dio che si "traduce" in una fedeltà alla persona, a ogni persona. E, per alcuni aspetti, anche viceversa: amiamo gli altri, paghiamo le tasse, perché crediamo che gli altri sono immagine di Dio e a Lui mi portano.
Concludo con un’altra testimonianza, alta e profonda, quella di Aldo Moro. Un episodio privato, raccontato dalla figlia Agnese, spiega bene come la laicità di Moro fosse capace di convivere con un cristianesimo profondamente vissuto. Nel giorno del matrimonio di sua figlia Maria Fida un prete forse troppo zelante pensò di ingraziarsi l’illustre uomo politico concludendo la cerimonia religiosa senza recitare gli articoli del codice civile. Moro lo interruppe e invitò il prete a leggere quegli articoli affinché il matrimonio fosse giuridicamente valido.
“Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Rocco D'Ambrosio