Due modi di vedere il potere, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (Gv 18, 33-37).
Non siamo inglesi, né spagnoli, e il concetto di “re”, per noi italiani, fa parte solo di un immaginario fiabesco. Forse per entrare meglio nello spirito di questa pagina dovremmo trascurare la parola “re” e pensare al potere in sé. Due concezioni di potere qui si incontrano e scontrano. Gesù e Pilato. Pilato è posto lì a comandare. Gesù è e viene dal Padre per essere immagine di quel potere che è accoglienza e misericordia. Il suo regno “non è di questo mondo”. Ma Pilato non comprende. E’ troppo legato al suo potere terreno, alla delega ampia e quasi dittatoriale che ha ricevuto da Roma. Ne ha scritto molto bene Gustavo Zagrebelsky nel suo Il “Crucifige” e la democrazia.
Gesù è re diverso. La sua regalità è “per dare testimonianza alla verità”. Pilato non comprende e chiede: “Che cos’è la verità?”. Ma Gesù non risponde. Collego spesso questo tacere di Cristo al nostro parlare e abusare del termine verità, tanto da farne, in alcuni casi, una “clava” per nuove crociate. Il Vangelo non è mai una clava che colpisce tutti indiscriminatamente, senza alcun rispetto delle persone, della loro crescita individuale, dei luoghi e dei tempi in cui operano. «Qualche volta – scrive Romano Guardini - si dice: verità; ma fra questa verità e uno schiaffo non c’è alcuna differenza, tranne quella di colpire con la parola invece che con la mano».
Gesù non schiaffeggia, è invece schiaffeggiato durante il processo. Gesù non ingaggia con Pilato una disputa sul senso della verità, riporta tutto al rapporto personale che ha con i suoi: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.
La verità non è una clava, o un principio non negoziabile, o un dogma, o altro di intellettuale. La verità è il Signore Gesù: “Io sono la Verità” (Gv 14, 6). Non salva il rapporto con una norma o un principio o un dogma; ma salva il rapporto con Lui. E in questo rapporto profondo con il Cristo, in “questo regno non di quaggiù”, si scopre e si gusta quanto essere amati e comandati dal Cristo è un “giogo dolce e un peso leggero“, con tutte le contraddizioni e il fascino degli ossimori “giogo dolce e peso leggero”. Nel rapporto profondo con il Cristo si scopre e si gusta anche come regnare è servire.
Rocco D'Ambrosio