Discernimento e responsabilità, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». (Lc 14, 25-33).
8 settembre 2019. Dice Gesù: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?”. Sedersi, calcolare, vedere i mezzi sono tutti atteggiamenti che rimandano a due importanti aspetti della vita personale, familiare, professionale, sociale e politica: il discernimento e la responsabilità.
Il discernimento. Nella vita abbiamo sempre torri da costruire e battaglie da sostenere. Discernere - sappiamo bene - vuol dire, come dice Francesco, “aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio” (AL, 304). Si cresce attraverso i limiti e si impara a superarli, quando si può; ma si impara a rispondere a Dio in ogni situazione. Per chi non crede, si direbbe, a fare il bene in ogni situazione: un bene possibile, non ideale e astratto. Costruiamo una torre che dobbiamo abitare: qui, ora, con questi mezzi, con questa finalità e con queste persone. Tutti elementi da sottoporre a discernimento, da verificare, scegliere e confermare; tutto con lo stesso fine: fare il bene, per quanto ci è possibile.
La responsabilità. Prima di ogni cosa esiste la personale responsabilità nel riconoscere e rispondere di quanto si è fatto e di come lo si è fatto. Quante giustificazione per non assumersi le proprie responsabilità: così fan tutti, si usa, non sapevo, non me ne ero accorto, tengo famiglia, ecc ecc. Responsabilità - scriveva Max Weber - è ”rispondere delle prevedibili conseguenze del proprio agire”. E, in questo nessuno, si può sentire escluso: dal genitore al figlio, dal politico al lavoratore, dal papa al semplice fedele, dal dirigente all’impiegato, da chi comanda al semplice cittadino. Tutti, proprio tutti. Per ognuno giunge il momento in cui siamo posti, volenti o nolenti, davanti alle nostre responsabilità, a rispondere a Dio e alla nostra coscienza di ciò che abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto.
Il brano si chiude con il monito di Gesù: “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Seguire Gesù è certamente frutto di discernimento e responsabilità. E’ frutto di un calcolo, come quello della torre, ma di un calcolo a perdere, ossia rinunciare ai propri averi. Non si parla di riti, celebrazioni, processioni, piani pastorali, “valori non negoziabili”, morale sessuale-familiare, formalismi ecclesiastici, ipocrisie varie e così via, ma solo di rinuncia ai propri averi. Questo è il calcolo, la pianificazione, la previsione, il discernimento. Ma perché mai? Perché è facile attaccassi ai beni, al denaro più di quanto lo siamo a Dio. E allora discernimento e responsabilità vanno a farsi benedire oppure si orientano tutte al guadagno. Se così fosse, poveri noi…
Rocco D’Ambrosio