Dove lo hanno posto? di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti (Gv 20, 1-9)
27 marzo 2016. Maria corse da Simon Pietro e da Giovanni, dicendo: ”Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Questa sequenza di fatti e interrogativi è comune a ogni evangelista: sepolcro vuoto - domande su che fine abbia fatto il suo corpo - apparizioni di Gesù per confermare la sua risurrezione. E, in questa sequenza, sembra esserci molto del significato dell’evento che celebriamo oggi.
La resurrezione ci parla della terra, di una tomba vuota, ma, al tempo stesso, ci apre a una realtà superiore, al Signore Risorto. Non a caso i teologi parlano di evento che è, a un tempo, storico e metastorico. Di mezzo, tra la storia e la realtà oltre la storia, ci sono le corse, i dubbi, gli affanni, i desideri delle discepole, soprattutto, e dei discepoli. Noi non abbiamo molte difficoltà a comprendere tutto quello che è storico, che è terra, tomba vuota, sentimenti contrastanti e mancanze di fede. Ma abbiamo molte difficoltà a capire quello che va oltre il nostro orto. Non potrebbe essere diversamente. Non stiamo parlando di un sacrifico, di una morte cruenta e inflitta ingiustamente, che per quanto orribile, fa purtroppo parte di quel lato oscuro di umanità che spesso si manifesta, come ha ricordato papa Francesco nel suo stupendo e profondo inno alla Croce, pronunciato venerdi scorso al Colosseo.Noi crediamo nella Croce di Cristo quanto crediamo in un evento che va oltre la storia: Gesù è risorto!!
Ma molto ci rallenta nel credere, quasi una pietra che non è stata ancora rotolata. Faccio mie le sagge parole di don Tonino Bello:
“Vorrei che potessimo liberarci dai macigni che ci opprimono, ogni giorno: Pasqua è la festa dei macigni rotolati. E' la festa del terremoto.
La mattina di Pasqua le donne, giunte nell'orto, videro il macigno rimosso dal sepolcro.
Ognuno di noi ha il suo macigno. Una pietra enorme messa all'imboccatura dell'anima che non lascia filtrare l'ossigeno, che opprime in una morsa di gelo; che blocca ogni lama di luce,che impedisce la comunicazione con l'altro.
E' il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell'odio, della disperazione del peccato.
Siamo tombe alienate. Ognuno con il suo sigillo di morte.
Pasqua allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l'inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi e se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo che contrassegnò la resurrezione di Cristo”.
Rocco D’Ambrosio