Che fare?, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo (Lc 3, 10-18).
12 dicembre 2021. La domanda Che fare? - agli studiosi di politica - richiama immediatamente il libro di Lenin, pubblicato nel 1903, testo fondamentale del pensiero rivoluzionario sul tema del rapporto che intercorre tra il partito e la classe proletaria. La sua analisi ci porterebbe molto lontano dall’intento di queste riflessioni sul Vangelo odierno. La pandemia, comunque, è un continuo ritornare a questa domanda per chi deve prendere decisioni, specie le più ergenti determinanti per la vita di singoli e gruppi. Tuttavia non va sottovalutato come Che fare? sia una delle domande pilastro di ogni vita umana e di ogni società. Per esempio, se si pensa alla crisi della politica italiana, sono in molti a chiedersi: che fare?
Donne e uomini di ogni cultura e sensibilità, filosofi, teologi, pensatori… ognuno di noi, molto spesso nella sua vita, si chiede che deve fare. Lo chiede a se stesso, o a chi ama sinceramente, o a chi stima profondamente. Lo chiede. Certamente può anche non chiederlo e ripiegarsi in una sciocca sufficienza e pericolosa boria.
Le risposte di Giovanni alle tre domande (delle folle, dei pubblicani e dei soldati) Che cosa dobbiamo fare? sembrano contenere un richiamo implicito al senso della misura. Quello della misura non è solo un tema della Grecia classica, ma anche biblico. Del resto, anche nella nostra vita, molto spesso, quando chiediamo sul da farsi, ricerchiamo una misura, un’indicazione che ponga le persone e i fatti nella giusta prospettiva o posizione. Il Che cosa devo fare? è una domanda che porta con se diversi altri interrogativi: senso della vita, atteggiamenti verso se stessi, gli altri, la natura e, per chi ci crede, il buon Dio. Ma vediamo le risposte di Giovanni: esse hanno molto da insegnare ai nostri Che cosa devo fare? E la misura sembra essere l’elemento costante nei tre riferimenti.
Alle folle Giovanni indica una misura di dono a chi non ha o ha meno. La vera misura non è nelle scelte egoiste e individualiste ma è rendersi conto di essere e di vivere per mezzo degli altri e con gli altri. Basterebbe il parametro della misura per giudicare i nostri politici attuali: hanno misura? E qual’è? E’ individualista e egoista? Oppure solidale e benefica per tutti?
Ai pubblicani Giovanni presenta una misura che è di fatto un non esigere nulla di più di quanto vi è stato fissato. Misura che non è solo il rispetto di regole (fissate) ma è anche il capire che i capricci e gli arbitrii non portano da nessuna parte, se non alla distruzione di ogni legame sociale.
Ai soldati offre una misura più composta: non maltrattare, non estorcere e accontentarsi delle paghe. Le prime due misure si comprendono molto facilmente. Anche la terza, ma essa è tanto compresa quanto ignorata. Non è assolutamente facile accontentarsi delle proprie paghe. Tra desideri personali di possesso e un sistema culturale di idolatria del guadagno e del denaro, non è facile accontentarsi.
Dobbiamo rifare e attuare diverse misure con noi stessi, con gli altri, con la natura e con il buon Dio. E’ un modo di prendere sul serio la nostra vita; altrimenti questa diventa paglia. E se il Cristo che viene trova paglia, rischiamo di essere spazzati e bruciati nel fuoco inestinguibile. Certo il nostro Natale, spesso fatto di consumati sentimentalismi, stride con richiami alla misura e rischia di perderla e di perdersi in tanti fuochi distruttivi; rischia di essere “fuoco di paglia”. Ma il Natale autentico è sempre altrove… In una giusta misura.
Rocco D’Ambrosio