Cercando come i Magi, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese (Mt 2, 1-12).
6 gennaio 2018. Non è mai superfluo ricordare che per i cristiani oggi è la festa dell’Epifania e non della Befana! Questa è una stupida e paganeggiante figura medioevale, in parte una volgarizzazione della vera festa. Epifania, invece, come sappiamo, vuol dire manifestazione (dal greco). Se i cristiani hanno bisogno di volgarizzare una festa così importante, già questo la dice lunga. Ma andiamo oltre le volgarizzazioni e seguiamo anche noi una stella: una autentica, possibilmente, che ci guida a Betlemme e non a quelle stupidaggini, che, oggigiorno, finiscono solo in banchetti e regali, se non peggio.
Il seguire una stella è un’immagine poetica, densa di tanto fascino. La stella può essere non solo un evento straordinario, come nel caso dei Magi, ma anche una persona, un’intuizione, un sentimento, un’emozione e così via. Seguire una stella è un’attività che prende tutto se stessi: mente, emotività, volontà, fisicità.
Dalla sapienza orientale, così come espressa in Siddharta di Hermann Hesse, apprendiamo: Quando qualcuno cerca - rispose Siddharta a Govinda - allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sè, perchè pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perchè ha uno scopo, perchè è posseduto dal suo sogno. Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo. Riflettiamo un attimo sul cercare e, poi, sul trovare.
Cercare significa: avere uno scopo, scrive Hesse. E’ stato così per i Magi. E’ stato – ed è così – per tutti coloro che cercano: donne e uomini di ogni cultura e religione che non si accontentano di significati banali o banalizzati (cioè di Befane e dintorni) ma mirano a scopi pregnanti, forti, autentici. E tutto ciò non è privilegio di pochi e colti eletti. A Betlemme c’erano i Magi, intellettuali e ricercatori puri, ma anche i pastori, semplici e saggi quanto i primi, anche se non in possesso di titoli di studio. Ricercare è una condizione del cuore e della mente, non dei diplomi e dei libri. Ben vengano pergamene e pagine scritte se ci aiutano a ricercare meglio e a diventare umili e saggi come i pastori.
Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo, scrive Hesse. La curiosità sarebbe quella di chiedere a Maria, Giuseppe, i pastori e i Magi se dopo aver trovato il Bimbo nella mangiatoia si siano sentiti più liberi, aperti, senza scopo.
Dal Vangelo impariamo che certamente si sentirono felici: Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Dal Vangelo apprendiamo che ebbero il grande desiderio di offrire qualcosa a quel Bimbo: oro, incenso e mirra. Non doni qualsiasi, ma doni che dicono di chi dona e di Chi riceve. Doni che dicono che è Re, che è Dio e che è candidato a soffrire per noi. I doni inutili e senza significato li portano le varie Befane, i doni veri sono quelli illuminati dalla stella, ovvero dalla fatica di cercare e cercare e poi trovare. Dal Vangelo impariamo anche che l’ultimo atto, dopo aver salutato la stella, è quello del loro corpo e del loro cuore: si prostrarono e lo adorarono. E lo scopo qui c’è tutto. Non siamo nati forse per servire e rendere gloria a Dio?
Buona Epifania!
Rocco D’Ambrosio