Cene concrete, non astratte, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste (Lc 9, 11-17).
2.6.2013: L’Eucaristia, quella che chiamiamo normalmente la Messa, è diventata tante cose e forse, col passare del tempo, ci siamo allontanati da quanto il Signore vuole. Certo la sostanza di quello che ci ha ordinato nell’ultima cena è rimasto e la tradizione ce lo ha trasmesso fedelmente. Ma il problema non è teologico è di testimonianza: cosa esprimiamo nelle nostre Messe? Mi sono sempre chiesto cosa pensi di noi un musulmano (o un ateo) quando ci vede celebrare Messa. E‘ una celebrazione che dice l’amore di Dio per noi, che diffonde questo amore nei nostri cuori e ci rafforza nel moltiplicare i nostri pani con chi non li ha? Forse no, forse si, ma molto raramente. Heinrich BÖll diceva che noi cattolici abbiamo ridotto l’Eucaristia a una cena astratta.
Ci sarebbe bisogno di ricordare il famoso e sempre vero come preghiamo, così crediamo (lex orandi, lex credendi). La Messa molte volte è solo un atto tradizionale, parzialmente religioso, molto simile ai tanti atti religiosi di credenti che ripetono con poca passione, poco cuore e molto dovere e freddezza il loro culto a Dio. Gesù moltiplicò i pani, le nostre Messe moltiplicano ben poco, anzi paradossalmente ci fanno diventare più chiusi e forse desiderosi che finisca questo rito, lasciandoci più meno come siamo sempre stati. Non sono affatto pessimista ma credo che la responsabilità, di pastori e fedeli laici, sul modo di fare Eucaristia è più grave di quello che si crede. Proviamo a partire dai bambini, non solo quelli di prima comunione, chiedendo loro che cosa gli resti della Messa e ne scopriremmo delle belle. Oppure proviamo a chiederlo a quelli che non partecipano più a nessuna Messa, fatto salvo qualche matrimonio e qualche funerale, e scopriremmo come stiamo facendo ben poco per celebrarle degnamente e devotamente, per renderle propulsori di comunione con Dio e con gli altri. Le Eucaristie che moltiplicano fede, gioia e condivisione sono ben poche, almeno in Italia. E di qualcuno sarà pure la responsabilità.
Nel brano della moltiplicazione dei pani mi colpisce la sollecitudine che hanno i discepoli nel presentare a Gesù una situazione urgente e seria: Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù non compie immediatamente il miracolo ma chiede la loro collaborazione: Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». E per quanto i discepoli si lamentano - Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente - comunque poi docilmente fanno quello che Gesù ordina loro. E solo allora arriva il miracolo della condivisione. Sollecitudine per le situazioni umane, collaborazione con Dio, docilità al suo volere e condivisione con chi ha bisogno sono atteggiamenti che spesso mancano nelle nostre Messe. Forse sarà anche questa carenza che le ha rese cene astratte.
Allora non ci resta che accogliere il rimprovero di don Tonino Bello: Il frutto dell'eucaristia dovrebbe essere la condivisione dei beni. Celebrando una messa dovrei dividere per metà, celebrandone due in quattro... e così via. I nostri comportamenti invece sono l'inversione di questa logica. Le nostre messe dovrebbero smascherare i nuovi volti dell'idolatria. Le nostre messe dovrebbero metterci in crisi ogni volta. Per cui per evitare le crisi bisognerebbe ridurle il più possibile. Non fosse altro che per questo. Dovrebbero smascherare le nostre ipocrisie e le ipocrisie del mondo. Dovrebbero far posto all'audacia evangelica. Non dovrebbero servire agli oppressori.
Rocco D’Ambrosio