Auguri seri, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 1-12).
1 novembre 2019. I miei amici mi prendono in giro perché ripeto che “oggi non è l’onomastico di tutti” ma la festa dei santi, in cielo come in terra. E, quindi, se ci sono degli auguri che dovremmo farci sono quelli di santità. E’ una cristianità strana, la nostra. Facciamo battaglie su contenuti di fede vitali ed essenziali, contro feste pagane (come Halloween e altre) e poi banalizziamo quello che è parte fondante della nostra tradizione. Forse perché i contenuti di fede non ci interessano tanto nella loro verità storica e spirituale, quanto in un Whatsapp o in una banale commercializzazione.
Scriveva Lorenzo Milani in “Esperienze pastorali”: “Non vedremo sbocciare dei santi, finché noi ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale. Qualcosa, cioè, che sia al centro del momento storico che attraversiamo, al di fuori dell’angustia dell’io, al di sopra delle stupidaggini che vanno di moda”. Dolore e fede nei confronti dell’ingiustizia sociale sono spesso merce rara. Il papa che ne parla spesso non è accettato da tutti, anzi. Sarà questo il motivo perché sbocciano pochi santi? Forse si.
Ma Milani non è stato l’unico, negli anni dopo il Concilio, ad aiutare a ripensare le vie di santità, specie laicali. Pensatori saggi e impegnati come Jacques e Raissa Maritain, George Bernanos, Madalen Delbrel, Dietrich Bonhoeffer, Primo Mazzolari, Ernesto Balducci, Tonino Bello, e oggi papa Francesco, per citare i maggiori. Hanno pagine stupende, commoventi, illuminate per aiutarci a fare nostra l’indicazione conciliare: la vocazione universale alla santità.
Tutti loro ci insegna a “vibrare di dolore e di fede” di fronte all’ingiustizia sociale. Altro che l’onomastico di tutti! Il brano delle Beatitudini, in materia, ci è di grande aiuto. Partiamo dal fatto che, unico caso nell’intero testo, le beatitudini relative alla giustizia sono due, quasi a voler sottolineare l’importanza della giustizia nella vita di un credente.
La beatitudine, la felicità, Gesù le promette anche a chi è perseguitato per la giustizia: “Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5, 10). Questa seconda beatitudine ci proietta nella vita di relazione, evidenziando le sue difficoltà in termini di persecuzione. Evangelicamente non esiste impegno per la giustizia che non sia passione per essa. Valga l’esempio del Battista, come di tutti i giusti della Scrittura. Questo impegno non può essere portato avanti da coloro che non sono capaci di “impadronirsi del Regno” (Mt 11, 12), né dai tiepidi (Ap 3, 16). Nella Chiesa e nel mondo, la virtù della giustizia va amata e perseguita con tutto se stessi. E’ per essa che dobbiamo “vibrare”, come scrive Milani. In ciò stanno gli auguri che oggi ci scambiamo; perché in ciò sta la beatitudine, la santità, la felicità.
Rocco D’Ambrosio