Ragioni per amare, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. (Mc 12, 28-34).
Quante esortazioni, omelie e riflessioni abbiamo ascoltato sul tema dell’amore per Dio e il prossimo? Credo che il loro numero sia incalcolabile! Ma quante di esse ci sono rimaste nel cuore e nella mente, tanto da essere ancora oggi un punto di riferimento? E se hanno penetrato mente e cuore, perché? Sono domande che mi faccio spesso e che oso fare anche a voi. Personalmente mi sono rimaste più impresse quelle pagine e testimonianze orali che facevano (e fanno) breccia con il loro radicalismo. Mi riferisco a quelle riflessioni che non lasciano scampo. E’ così, non può essere diversamente: amare Dio e il prossimo è tutto. E il radicalismo di queste parole emerge, a mio avviso, non tanto dal trovare motivazioni convincenti, né tantomeno da vuote considerazioni moralistiche. Il radicalismo lo si scopre nella misura in cui, come insegna Kierkegaard, si ammette di avere torto davanti a Dio e di dare a lui tutte le ragioni. Amare Dio con tutto se stessi e il prossimo come se stessi non è un comandamento da discutere o da sottoporre a un’analisi di convenienza. E’ un puro atto di abbandono, simile a un atto di follia. Ci sono momenti della vita in cui ci sono pochissime ragioni per amare il prossimo e moltissime difficoltà nell’amare il buon Dio. Allora che fare? Cercare ragioni per “riprendere” ad amare? Scriveva Paolo VI: “la vera ragione, la ragione innata, la ragione formale dell'amore, non è il prossimo in quanto prossimo, perché fra i miei prossimi ci sono dei concorrenti, degli avversari; come amarli quando constato la loro ostilità, i loro modi perversi, la loro astuzia? Il vero motivo per amare gli altri è l'amore che Dio ha per tutti. Il vero motivo è dunque l'amore di Dio. Bisogna amare l'uomo a motivo di Dio. Se si distrugge l'amore di Dio, ci si accorge molto presto che non c'è amore dell'uomo per l'uomo”. Significa che il tutto riporta all’amore di Dio per noi: è l’unica motivazione, è la forza di tutto, è la sorgente del radicalismo, è il sostegno nei momenti di scoraggiamento in cui vorrei mandare tutto al diavolo. La mia mente e il mio cuore non sono fulminati o illuminati o rimotivati da chissà quale ragione o emozione del momento ma dal solo fatto che Dio mi ama. E solo questo amore basta.
Rocco D'Ambrosio