Per una persona, non per i valori, di Rocco D'Ambrosio
Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8, 27-35).
Ho molta difficoltà a parlare di fede cristiana con chi fa solo riferimento a discorsi quali: valori non negoziabili, difesa dei principi cattolici, bioetica, radici cristiane dell’Europa, pericoli nelle altre religioni e via dicendo. Il mio disagio ha molte ragioni, una di queste mi proviene dalla pagina evangelica odierna. Gesù imposta il dialogo come un fatto non morale o di diffusione del suo messaggio, ma come un fatto personale: cosa pensiamo di lui, seguirlo, rinnegare il resto, salvare la vita, accettare la croce, ossia le contrarietà. La domanda, allora, su chi è il Cristo per me assume tutta la sua forza sconvolgente. Riuscire a rispondere come Pietro – Tu sei il Cristo – richiede un grande coraggio. Del resto anche quello di Pietro non è così pieno e duraturo, visto che, poco dopo, non ha il coraggio di accettare un Cristo sofferente, morente e infine risorto. Credo che dobbiamo lasciare a questa domanda la sua continua forza sconvolgente. Il Cristo mi chiede chi è Lui per me e io sono sorpreso o smarrito o confuso o ripetitivo o poco entusiasta o innamorato o… tutto quello che è la mia vita quotidiana, nei suoi mille volti e mille situazioni. Dietrich Bonhoeffer ha anche insegnato un metodo, oserei dire un luogo, per porre la domanda. Egli parla dell’al di qua della vita, ossia della quotidianità. E’ in essa che la domanda del Cristo - chi è Lui per me – diventa forte e affascinante. Così Bonhoeffer: Più tardi ho appreso, e continuo ad apprendere anche ora, che si impara a credere solo nel pieno essere al di qua della vita. Quando si è completamente rinunciato a fare qualcosa di noi stessi un santo, un peccatore pentito o un uomo di Chiesa (una cosiddetta figura sacerdotale), un giusto o un ingiusto, un malato o un sano , e questo io chiamo essere aldiquà, cioè vivere nella pienezza degli impegni, dei problemi, dei successi e degli insuccessi, delle esperienze, delle perplessità allora ci si getta completamente nelle braccia di Dio, allora non si prendono più sul serio le proprie sofferenze, ma le sofferenze di Dio nel mondo, allora si veglia con Cristo nel Getsemani e, io credo, questa è fede, questa è metanoia, e si diventa uomini, si diventa Cristiani (cfr. Ger.45).
Rocco D'Ambrosio