L’isola che non c’è, di Franco Ferrara
L’utopia è lo stato di completa perfezione e felicità, che si considera difficile da realizzare e di origine più fantastica che razionale. La parola entra sulla scena nel 1516 come titolo al romanzo Utopia di T. Moro. Utopia è un’isola il cui nome Utopus deriva dal greco ou topos, letteralmente non luogo, nessuna parte, quindi l’isola che non c’è. Il Paese sognato, ma negato. In quest’isola beata gli abitanti godono della perfetta felicità e i beni sono in comune. Anche se appartengono a confessioni diverse vivono in pace l’uno vicino all’altro, né attribuiscono importanza politica alle diversità. Il lavoro agricolo o industriale è un obbligo di tutti i cittadini, ma dura 6 ore al giorno, il resto del tempo è consacrato allo studio delle belle lettere o delle scienze, la sera al gioco, alla danza, alla musica. La popolazione è divisa per famiglie, ciascuna delle quali è governata dal più anziano. Ogni trenta famiglie si elegge un magistrato, l’ assemblea di tutti i magistrati sceglie il principe tra quattro candidati eletti dal popolo. Il principe può essere nominato a vita, ma può essere destituito se mostra tendenze dispotiche. Tra i primi a definire la misericordia è S. Agostino, che di essa dice: “una compassione del nostro cuore verso l’altrui miseria, per la quale siamo spinti se possiamo a soccorrerla. La misericordia è uno degli attributi di Dio ed è inseparabile dalla sua giustizia. La virtù della misericordia si distingue dalla carità, perché mentre la causa della misericordia è la compassione suscitata dai mali altrui, nella carità è l’amore verso Dio, che induce a desiderare il bene altrui”. Nell’Islam, Allah, che è il Dio del deserto, mostra come più accentuati i caratteri dell’imperscrutabilità, della lontananza, del potere assoluto e decisionale sulla vita e sul destino dei fedeli. Tali caratteri sono temperati dalla rielaborazione del tema biblico della misericordia e della chiamata, nel senso che Allah, pur nella disponibilità misteriosa delle vite e dei destini, diviene misericordioso nei riguardi di coloro che rispondono al suo invito. Nella Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II si è stabilito il nesso tra misericordia e penitenza, “quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a Lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita con il peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera”(L.G.N.11, il sacerdozio comune dei fedeli esercitato nei sacramenti). Nel Giudaismo la giustizia è in conflitto dialettico con la misericordia. L’aspetto della giustizia permanente è connaturato all’Elohim (nome di Dio) mentre a Jhwh (l’altro nome di Dio) appartiene la pietà e la misericordia. In questo modo il Signore mostra la Sua Sapienza. L’anno giubilare, proposto da papa Francesco svela il significato di “utopia e misericordia“. Per il papa l’utopia non è una finzione letteraria, né mentale, senza luogo e senza tempo, ma una proposta da raggiungere assumendo il tempo anche della lentezza capace di transitare dall’idealità alla realtà. Nel tempo della globalizzazione papa Francesco propone l’utopia democratica in termini universali valida per tutti i popoli. L’azione dispiegata pone al centro della storia umana la visione della persona, come emerge dal Vangelo contrapposta all’egoismo individuale trionfante. Inoltre, viene evidenziata la crisi dell’impegno comunitario e la conseguente accettazione di alcune sfide: “No all’economia dell’esclusione; no all’idolatria del denaro; no ad un denaro che governa invece di servire; no all’inequità che genera violenza; no all’accidia egoista; no al pessimismo sterile; sì alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo; no alla mondanità spirituale; no alle guerre tra di noi”. ( E.G.) Per il Papa la misericordia coniuga biblicamente compassione e fedeltà. La compassione è il legame viscerale tra padre e figlio, la fedeltà implica un legame stabile e solido: anche se l’altro mi tradisce o non merita il mio amore, io resto fedele. Questa è la fedeltà e la misericordia di Dio e tutti gli uomini sono chiamati a questa misericordia. E che cosa propone la misericordia alla politica? Nel tempo della crisi della politica chiede visioni di più ampi orizzonti seguite da leggi, istituzioni capaci di far diminuire la sofferenza nel mondo, che promuova la felicità, la capacità di vivere, di amare, di crescere e di realizzare se stessi. Vale a dire che la politica informata dalla misericordia è in grado di abbattere la “globalizzazione dell’indifferenza“ e l’Utopia di T. Moro può diventare realtà storica. Oggi ci sono alcune questioni che non ci fanno sbarcare sull’Isola sognata. La prima è quella degli stranieri. Non è possibile, come sostiene efficacemente R. La Valle, continuare ad accettare la divisione del mondo in cittadini e stranieri, europei ed extracomunitari. Il mondo è uno. Al contrario la globalizzazione, che è il nuovo volto dell’economia mondiale, ha svelato, contraddicendo se stessa, l’assenza del diritto di migrare. Perciò li lasciamo affogare in mare, li lasciamo in mano agli scafisti che li imbullonano nelle stive e nel vano motore. La misericordia cos’è? Chiedere di suddividere un po’ di profughi nei 28 paesi europei, oppure abbattere le frontiere, aprire porti, aeroporti, aprire spazi affinché tutti possano trovare luoghi utopici per vivere in pace? La seconda questione, strettamente correlata, è l’esclusione di chi è senza speranza per la quale il Papa reitera quasi quotidianamente la denuncia. Sino a quando le grandi masse dei popoli saranno esclusi dal lavoro, dalla vita non ci sarà misericordia. Per la teoria economica la piena occupazione non ci deve essere. Se c’è piena occupazione il lavoro costa di più, i sindacati sono più forti, i profitti scendono. Se l’obiettivo fosse lavorare tutti, allora la misericordia avrebbe rovesciato la teoria economica per far posto agli esclusi dal banchetto della vita. Oggi l’Utopia della misericordia è la lanterna nell’oscurità che illumina flebilmente la storia presente.
[presidente Centro Studi Erasmo]
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