Botte vecchia vino buono, di Carlo Antonio Resta
Ho conosciuto Cercasi un fine (CuF) nel 2008 frequentando il primo hanno di formazione, nell’associazione ho trovato l’accoglienza e la cura che avrei voluto trovare nel partito politico dove in passato ho militato, in modo discontinuo, per circa 6 anni.
Le motivazioni che mi spinsero a frequentare il corso di formazione scaturirono dalle difficoltà e dalla solitudine provati nel partito. Nell’associazione ho potuto notare con quanta cura siamo stati accettati, ho apprezzato la qualità e la disponibilità dei docenti, sono stato stimolato in modo coinvolgente ad esprimermi, mi sono sentito accolto.
Cercasi un fine è parte di quell’opera – come dice Gustavo Zagrebelsky in Imparare Democrazia - che avrebbero dovuto svolgere le istituzioni e i partiti politici per educare la gente alla cittadinanza, per evitare quel baratro che si è creato tra i cittadini e la politica. Alla fine del corso triennale pensavo che si dovesse dare vita a un’iniziativa di carattere sociale, così non è stato.
Mi sono chiesto del perché questo non è accaduto, poi ho capito che CuF non nasce per dare vita a movimenti di carattere sociale e politico, ma si impegna nella formazione alla vita sociale e politica.
Dipende dallo spirito d’iniziativa dei partecipanti ai corsi, la nascita di forme impegnate socialmente e/o politicamente, ed è anche giusto che sia così, perché l’impegno sociale e/o politico deve essere innanzi tutto una prerogativa di chi frequenta, ma cosa più importante deve essere una volontà voluta e sentita dagli artefici principali, cioè gli iscritti al corso: sono loro che devono sentire la necessità, l’impellenza. Se la formazione dà i suoi frutti, crea la base formativa utile a far compiere il passo successivo: l’impegno nella società. Se questo non avviene, vuol dire che non si è pronti.
Ha ragione Riccardo Petrella quando, alla chiusura dell’ultimo anno formativo di CuF, alla domanda postagli circa il tempo necessario a che la gente, ormai instradata dalle istituzioni e dai partiti politici al disinteresse sociale e politico, faccia propria le prerogative per diventare cittadini, rispose: “Quanto tempo c’è voluto affinché il contadino imparasse ad usare la zappa?”.
Ora parliamo un po’ del nostro giornale.
È il nostro biglietto da visita, è un giornale culturale e questo significa che sarà letto comunque da un numero di persone inferiore a quelli che sono attirati dai fatti di cronaca o da polemica politica. Una discussione potrebbe essere avviata in redazione se cambiare il taglio monotematico.
È indiscutibile che il giornale soffre perché, tranne pochi piccoli contributi, si distribuisce gratis e si autofinanzia, e sappiamo benissimo che quando non ci sono canali esterni di finanziamento non è facile sopportarne i costi. Di contro, il sacrificio dell’autofinanziamento ci permette di camminare a testa alta.
Qui, un atto di comprensione nel riconoscere gli sforzi di questa autonomia lo dovrebbero fare i nostri lettori che, nell’atto di ricevere il giornale gratis, lo dovrebbero sostituire con un piccolo contributo che non si dovrebbe discostare da quello che è il costo di un qualsiasi giornale locale, che spesso si ispira (non solo i giornali locali) alla cultura delle cinque esse (sangue, sport, sesso, soldi, spettacoli).
I seminari, non solo hanno una funzione aggregante, difatti è un appuntamento che mette insieme le scuole dei diversi comuni e poterci incontrare, ma sono anche un appuntamento che ci permette di incontrare personalità di cultura e di politica per poterci confrontare su temi molto delicati.
Tutto questo fermento di crescita, questo ribollire primordiale di formazione, oltre ad una crescita personale, dovrebbe generare iniziative spontanee nell’ambito sociale e politico, risvolto che a parer mio stenta.
La formazione spontanea dipende dalla sensibilità personale, e qui sappiamo benissimo che sono in pochi disposti all’impegno serio e spontaneo.
Cosa interessante sarebbe, avviare programmi pilota di formazione nell’ambito dell’istruzione scolastica coadiuvati con esperienze pratiche tipo consiglio comunale dei ragazzi legati ad azioni di cittadinanza attiva.
Il collegamento e l’interattività di questi tre settori e cioè, senza l’azione formativa nel campo istruzione, non si creano le condizioni per capire quello che deve succedere nel campo istituzionale, e se non collego il settore istituzionale con sistemi di cittadinanza attiva, non chiudo il cerchio (sussidiarietà circolare di Giuseppe Cotturri) virtuale che genera la buona gestione del bene comune.
Istruzione, istituzione e cittadinanza attiva sono vitali alla buona riuscita del progetto.
Carlo Antonio Resta
[già impiegato aziendale, redazione CuF, Gioia, Bari]